Ablazione delle aritmie ventricolari con accesso epicardico percutaneo. Sedazione o anestesia?

L’approccio epicardico percutaneo (EpiAcc) è largamente utilizzato nelle procedure di mappaggio ed ablazione delle aritmie ventricolari, in particolar modo nell’ambito delle cardiomiopatie non ischemiche e nella cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro. Tuttavia, recentemente è stato utilizzato anche per altre procedure, quali l’occlusione dell’auricola. Poiché richiede il passaggio in prossimità di strutture di vitale importanza, è inevitabile che sia associato ad un aumentato rischio di complicanze. Per ridurre il discomfort al paziente, la procedura è eseguita o durante una sedazione moderata/profonda o in anestesia generale (GA). Non bisogna però dimenticare che i movimenti del paziente durante la sedazione possono compromettere l’esito delle procedure ed aumentare il rischio di complicanze, soprattutto per quanto riguarda gli accessi vascolari.
Lo scopo dello studio pubblicato da Killu et al su Europace è stato di confrontare il tasso di successo procedurale e di complicanze nelle procedure di ablazione per tachicardie ventricolari (VT) o battiti ectopici prematuri (PVC) eseguite mediante EpiAcc durante sedazione o GA.
Lo studio
Lo studio ha arruolato retrospettivamente 170 pazienti (età media: 53.2+15.8 anni, 72% di sesso maschile) sottoposti ad EpiAcc nell’ambito di procedure di ablazione di VT (n= 110) e PVC (n=60) nel periodo compreso tra Gennaio 2004 e Luglio 2014. La sedazione, utilizzata in 101 pazienti (59.4%), è stata raggiunta con l’utilizzo del Propofol, mentre l’anestesia generale, eseguita in 69 pazienti (40.6%) con il Propofol (con o senza l’associazione di Fentanil) e con un bloccante neuromuscolare (succinilcolina o vecuronio).
L’end-point principale dello studio è stato il tasso di complicanze in relazione al tipo di anestesia utilizzata e di ablazione eseguita (GA/VT vs. GA/PVC vs. sedazione/VT vs. sedazione/PVC). End-point secondari sono stati definiti il successo procedurale in acuto (definito come l’eliminazione e la non inducibilità clinica di PVC/VT) e il successo clinico (assenza di sintomi o di aritmie in terapia antiaritmica o no). Le complicanze sono state definite come il verificarsi delle seguenti condizioni: versamento pericardico ematico intra o post procedurale (> o uguale a 10 mm) o tamponamento pericardico (evidenza clinica ed ecocardiografica), pericarditi croniche recidivanti, lesione del nervo frenico, lesione del tripode addominale, emotorace, pneumotorace, versamento pericardico, lesione coronarica, lesione epatica o addominale, perdita degli accessi durante la procedura o la necessità di eseguire una trasfusione nelle prime 24 ore dalla procedura.
Non sono state riscontrate differenza statisticamente significative nell’utilizzo della GA o della sedazione sia nelle procedure di ablazione di VT o PVC. In particolar modo non vi sono state differenze nei gruppi in relazione al tipo di accesso (più frequentemente accesso anteriore, 53%), al tasso di successo procedurale (96% nella popolazione generale) o al sito di ablazione (endocardico vs epicardico vs approccio combinato). I tassi di complicanze sono stati sovrapponibili nei diversi gruppi (GA/VT vs. GA/PVC vs. sedazione/VT vs. sedazione/PVC). La complicanza più frequente è stato il versamento pericardico, verificatosi in 18 (10.6%) pazienti (9 intra-procedurali e 9 post procedurali), senza differenza tra i gruppi. Un singolo paziente è stato sottoposto ad intervento cardiochirurgico mentre in un caso è stata sufficiente soltanto l’osservazione clinica. La perdita degli accessi si è verificata in 2 pazienti, uno nel gruppo GA/VT ed uno nel gruppo sedazione/PVC (p=0.62). L’ematoma della parete addominale è stato riscontrato in 3 pazienti, tutti sottoposti ad un approccio epicardico con accesso inferiore ed appartenenti al gruppo GA/VT (p=0.12).
Le altre complicanze, quali i danni alle coronarie o alle altre strutture sotto-diaframmatiche, sono risultate meno comuni, con una incidenza inferiore all’1%. L’eliminazione e la non inducibilità delle aritmie cliniche è stata ottenuta nella maggior parte dei pazienti (91.8%), senza differenze tra i gruppi. Il follow-up medio è stato di 11.5+ 15.7 mesi, simile tra i due gruppi sottoposti ad ablazione di VT (GA/VT 10.0+12.9 vs. sedazione /VT 12.8+20.7 mesi) e per quelli sottoposti ad ablazione di PVC (GA/PVC 13.0+17.6 vs. sedazione/PVC 11.0+10.1 mesi). Sebbene l’outcome dei pazienti sottoposti ad ablazione di PVC sia stato migliore rispetto a quelli sottoposti ad ablazione di VT, tale differenza sembra non esserci tra i gruppi in relazione con la modalità di anestesia (GA/VT vs. sedazione/VT, p=0.90; GA/PVC vs. sedazione/PVC, p= 0.99).
Conclusioni
Lo studio in analisi ha per la prima volta studiato gli effetti del tipo di anestesia nelle procedure di ablazione di VT o PVC eseguite mediante accesso epicardico. L’anestesia generale rispetto alla sedazione ha il vantaggio di garantire un miglior controllo del dolore, ridurre i movimenti del paziente, controllare il volume di Tidal ed la frequenza respiratoria, minimizzando i movimenti del diaframma. Gli svantaggi includono la possibilità di alterazione del sistema cardiovascolare, come la riduzione dell’inducibilità delle aritmie (possibile causa di failure della procedura). Dal momento che il tipo dell’anestesia non ha determinato effetti apprezzabili sul tasso di complicanze e sulla perdita degli accessi, verosimilmente i movimenti respiratori e del paziente non hanno un ruolo predominante nella genesi delle complicanze. La scelta dell’anestesia per gli accessi epicardici percutanei in conclusione non sembra influenzare la sicurezza e l’efficacia procedurale e clinica nelle procedure di ablazione di VT o PVC. Nei pazienti nei quali l’anestesia possa determinare un aumento del rischio cardiologico, è ragionevole eseguire l’accesso epicardico sotto sedazione.
Germana Panattoni
Bibliografia
1. Killu AM, Sugrue A, Munger TM, et al. Impact of sedation vs. general anaesthesia on percutaneous epicardial access safety and procedural outcomes. Europace 2018; 20(2):329–336. doi:10.1093/europace/euw313.