Effetto degli ARNI sulla frazione di eiezione e possibile impatto sull’indicazione all’impianto dell’ICD in prevenzione primaria

Sacubitril/valsartan è un inibitore del recettore dell’angiotensina e della neprilisina (ARNI) che riduce il rischio di ospedalizzazioni per scompenso cardiaco ed il rischio di morte per tutte le cause nei pazienti con insufficienza cardiaca con frazione di eiezione del ventricolo sinistro (FEVS) ridotta. Questo farmaco si è dimostrato in grado di determinare un rimodellamento inverso del ventricolo sinistro con miglioramento della FEVS. I pazienti che possono beneficiare del trattamento con ARNI hanno spesso indicazione all’impianto di un ICD in prevenzione primaria.
Lo studio
Recentemente sono stati pubblicati sull’European Journal of Clinical Pharmacology i risultati del SAVE-ICD, uno studio multicentrico, osservazionale, prospettico che ha avuto l’obiettivo di valutare in una popolazione di pazienti con scompenso cardiaco con ridotta FEVS, già portatori di ICD in prevenzione primaria, l’effetto di ARNI sul miglioramento della FEVS nel corso di 6 mesi di trattamento. Lo studio ha inoltre avuto l’obiettivo di valutare in quanti pazienti dopo 6 mesi di trattamento con ARNI, il miglioramento della FEVS era tale da non presentare più indicazione all’ICD in prevenzione primaria.
Nello studio venivano arruolati pazienti consecutivi con scompenso cardiaco, FEVS≤35%, portatori di ICD in prevenzione primaria, che iniziavano il trattamento con sacubitril/valsartan. Venivano esclusi dallo studio i pazienti portatori di device con terapia di resincronizzazione cardiaca (CRT-D) e i pazienti che avevano subito interventi appropriati dell’ICD prima di iniziare il trattamento con sacubitril/valsartan.
In totale sono stati arruolati 230 pazienti (73.9% maschi, età media 64.3±12.1 anni). Dopo 6 mesi di trattamento, è stata osservata una riduzione dei volumi telediastolico e telesistolico del ventricolo sinistro e la FEVS è aumentata dal 28.3±5.6% al 32.2±6.5% (p<0.001). Dopo 6 mesi di trattamento il 58.8% dei pazienti aveva presentato un incremento assoluto della FEVS ≥3% (Figura 1).

Il 25.2% dei pazienti mostrava una FEVS >35% e quindi potenzialmente non aveva più indicazione all’ICD in prevenzione primaria. All’analisi multivariata un’eziologia non ischemica della cardiomiopatia e il raggiungimento di una dose finale di sacubitril/valsartan >24/26 mg bis in die erano associati ad una maggiore probabilità di un aumento assoluto della FEVS superiore al 5%.
Nel corso dello studio, un totale 12 pazienti (5.2%) avevano presentato uno o più interventi appropriati dell’ICD (shock o ATP) su aritmie ventricolari. Il rischio di aritmie ventricolari era stato più alto nei pazienti che non avevano mostrato un miglioramento della FEVS, rispetto a quelli in cui vi era stato un miglioramento.
In conclusione i risultati del SAVE-ICD dimostrano che sacubitril/valsartan migliora la funzione sistolica del ventricolo sinistro nei pazienti con scompenso cardiaco e ridotta FEVS, principalmente grazie ad un rimodellamento inverso del ventricolo sinistro. Il miglioramento della FEVS dopo 6 mesi di trattamento potrebbe aiutare ad evitare l’impianto dell’ICD in prevenzione primaria quasi in un paziente su quattro, con importanti implicazioni cliniche ed economiche. Tuttavia, il rischio di morte cardiaca improvvisa in questa popolazione di pazienti in cui si osserva un miglioramento della FEVS non è ancora del tutto chiaro. Al fine di conoscere più a fondo questi aspetti saranno necessari ulteriori studi su casistiche più ampie.
A cura di Pietro Palmisano
Azienda Ospedaliera “Card. Giovanni Panico”
Tricase (Lecce)
Bibliografia
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