FA persistente e isolamento delle vene polmonari

È noto come la procedura di isolamento delle vene polmonari (PVI) sia un trattamento consolidato nel trattamento della fibrillazione atriale parossistica. Come riportato in letteratura, il solo utilizzo della medesima metodica nella fibrillazione atriale persistente, presenta invece un basso tasso di successo. Dal momento, però, che in tali pazienti l’ablazione di substrati addizionali non ha modificato gli outcome, con la possibilità di usufruire delle nuove tecnologie si è nuovamente riportata l’attenzione sull’utilizzo dell’ “only PVI” nella fibrillazione atriale persistente. Lo scopo della review proposta da Aleksandr Voskoboinik et al e pubblicata recentemente su Heart Rhythm è stato di esaminare le percentuali di successo dell’ “only PVI” nei pazienti con fibrillazione atriale persistente e di identificare i predittori di successo.
Lo studio
La review ha analizzato lavori che includevano pazienti affetti da fibrillazione atriale persistente sottoposti ad “only PVI” mediante radiofrequenza con mappaggio tridimensionale o crioablazione di seconda generazione. L’outcome primario era l’assenza di eventi aritmici a 12 mesi, dopo la procedura iniziale. Sono stati analizzati, inoltre, i tassi di complicanze e i predittori di ricorrenza.Degli 84 studi revisionati, 14 rispondevano ai criteri di analisi. Complessivamente sono stati valutati 956 pazienti affetti da fibrillazione atriale persistente, sottoposti a PVI, 419 solo con radiofrequenza e 509 con crioablazione.
A 12 mesi di follow up, il tasso di successo cumulativo è stato del 66.7% (95% CI 60.8%-72.2%): l’80.5% dei pazienti a 12 mesi non assumeva terapia antiaritmica. L’unico predittore di recidiva negli studi presi in esame nella corrente meta-analisi è stato la ricorrenza precoce dell’ aritmia (hazard ratio 4.68, 95% CI 1.70-12.9). I primi tre mesi sono stati considerati in tutti gli studi come un periodo di “blanking” post procedurale, in cui gli eventuali episodi aritmici non necessariamente risultavano predittivi di recidiva tardiva. Contrariamente né le dimensioni dell’atrio, l’ipertensione e l’età hanno mostrato significatività in merito. Ciò probabilmente per la relativa omogeneità della popolazione analizzata, per la bassa incidenza di malattia strutturale cardiaca e per il ridotto numero di pazienti affetti da fibrillazione atriale “long standing”. Inoltre, dagli studi è emerso come il tasso di complicanze correlato alla procedura sia stato molto basso: 5 tamponamenti cardiaci (0.6%), 19 le complicanze a livello degli accessi, mentre 5 pazienti sottoposti a procedura di crioablazione hanno sviluppato paralisi del nervo frenico. Non si sono verificati, invece, casi di decessi.
Conclusioni
I dati ottenuti hanno dunque accreditato la procedura di “only PVI” quale strategia efficace nei pazienti con fibrillazione atriale persistente e minima malattia strutturale cardiaca, riportando una bassa incidenza di complicanze. I risultati ottenuti dimostrano, dunque, come tale procedura possa avere outcome comparabili a quelli ottenuti nell’ambito della fibrillazione atriale parossistica.
Germana Panattoni
Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”
Fonte
Aleksandr Voskoboinik A, Moskovitch JT, Harel N, et al. Revisiting pulmonary vein isolation alone for persistent atrial fibrillation: A systematic review and meta-analysis. Heart Rhytm 2017; 14: 661–7.