Gli accessi vascolari per le procedure di cardiostimolazione ed elettrofisiologia e nella pratica clinica italiana

Il reperimento degli accessi vascolari in cardiostimolazione ed elettrofisiologia rappresenta un passaggio fondamentale di tutte le procedure che vengono eseguite con importanti ripercussioni sul risultato finale della procedura stessa. Le complicanze correlate o conseguenti agli accessi vascolari sono relativamente rare ma possono avere implicazioni importanti.
Nell’impianto dei dispositivi cardiaci sono utilizzati tre diversi accessi vascolari: la vena cefalica e la vena succlavia nella sua porzione intra ed extratoracica. La vena cefalica, che rappresenta l’accesso vascolare più sicuro per il paziente e per il catetere, non sempre è reperibile, la vena succlavia invece, se punta nella sua porzione intratoracica, può favorire la frattura del catetere.
Recentemente sono stati pubblicati su Biology i risultati di una survey promossa da AIAC Ricerca che ha avuto lo scopo di valutare la pratica clinica degli operatori italiani sul reperimento degli accessi vascolari. La survey ha coinvolto 103 cardiologi in 92 centri di aritmologia italiana che hanno risposto a 20 domande relative agli accessi vascolari.
In cardiostimolazione la vena cefalica rappresenta la prima scelta in quasi l’80% degli operatori, mentre il 20% punge direttamente la vena succlavia. La vena cefalica è poi utilizzata in poco più del 50% conseguentemente alle dimensioni della stessa o alla sua difficoltà ad essere reperita. Se utilizzata però, più dell’80% delle volte riesce a contenere più di un catetere. Il 26% degli operatori utilizza la vena succlavia nella sua porzione extratoracica e il 21% in quella intratoracica (Figura 1).

In elettrofisiologia, come anche nell’impiantistica, il reperimento degli accesi vascolari rappresenta un passaggio procedurale che genera abbastanza preoccupazione all’operatore soprattutto quando è necessario reperire accessi vascolari arteriosi, infatti il 17% di chi ha risposto saltuariamente chiede aiuto ai colleghi emodinamisti per la puntura degli accessi vascolari. Il 30% punge la vena femorale comune, i restanti effettuano la puntura più distalmente. Il 44% degli operatori utilizza degli occlusori meccanici per gli accessi arteriosi.
Infine, una grande attenzione è stata posta all’utilizzo dell’eco per il reperimento degli accessi vascolari. Circa la metà dei centri ha a disposizione una sonda vascolare che può utilizzare durante le procedure di impianto di dispositivi ed elettrofisiologia. Nelle procedure di elettrofisiologia, circa il 20% di chi ha a disposizione l’eco vascolare lo utilizza nella maggior parte delle procedure e il 60% molto raramente (meno del 20% delle procedure); in cardiostimolazione il 20% lo utilizza su tutte le procedure, il restante 80% solo dopo almeno tre tentativi inefficaci. La maggior parte di chi ha risposto vorrebbe comunque aumentarne l’utilizzo.
In conclusione, i risultati di questa survey descrivono per la prima volta la pratica clinica italiana su un argomento che da molti anni ha un grande interesse e dimostra come, a differenza del passato, vi sia una maggiore attenzione all’accesso vascolare al fine di ridurre al minimo le potenziali complicanze correlate all’accesso stesso ma anche quelle potenzialmente conseguenti ad un inappropriato accesso vascolare.
A cura di Matteo Ziacchi, Policlinco S. Orsola-Malpighi, Bologna
Bibliografia
Ziacchi M, Placci A, Angeletti A, Quartieri F, Balla C, Virzi S, Bertini M, De Ponti R, Biffi M, Boriani G, For Aiac Ricerca Investigators’ Network. Vascular Accesses in Cardiac Stimulation and Electrophysiology: An Italian Survey Promoted by AIAC (Italian Association of Arrhythmias and Cardiac Pacing). Biology (Basel). 2022 Feb 8;11(2):265