La vena ascellare nell’impianto dei dispositivi cardiaci

Nell’ambito dell’impianto di dispositivi cardiaci impiantabili la vena ascellare si è affermata negli anni come una delle vie d’accesso al sistema cardiovascolare che riscuote maggior interesse. La sua natura extratoracica infatti garantisce una maggiore sicurezza rispetto alla puntura della vena succlavia, sua naturale continuazione intratoracica, sia in merito alle complicanze acute, come lo pneumotorace, sia riguardo a possibili disfunzioni a lungo termine degli elettrocìcateteri. Inoltre il tasso di successo risulta superiore rispetto all’isolamento della vena cefalica, in particolare negli impianti con multipli elettrocateteri. Tuttavia non sempre l’accesso attraverso la vena ascellare risulta semplice e l’utilizzo di un approccio ben strutturato, eventualmente coadiuvato da metodiche di imaging, può agevolare la manovra di puntura ed aumentarne ulteriormente la sicurezza.
L’Area Imaging dell’AIAC ha recentemente pubblicato sul Journal of Cardiovascular Medicine una revisione della letteratura sulla tecnica per l’accesso venoso a livello della vena ascellare o della porzione extratoracica della vena succlavia (ovvero la parte della vena che decorre sopra la prima costa). La metodica negli anni si è evoluta con alcune possibili varianti nell’approccio, e soprattutto con la possibilità di utilizzare diverse tecniche d’imaging finalizzate ad incrementarne il successo e la sicurezza.
La visione fluoroscopica dell’ago rispetto ai reperi ossei è la prima accortezza che assicura che la puntura della vena sia effettivamente extratoracica (vedi Figura 1).
Figura 1. Anatomia superficiale della zona di interesse. Modificata da Sassone B et al. Axillary vein access for antiarrhythmic cardiac device implantation: a literature review. J Cardiovasc Med (Hagerstown) 2021;22:237-245.
L’utilizzo aggiuntivo di tecniche quali la venografia con contrasto da vena periferica (vedi Figura 2) facilita la puntura nei casi in cui l’approccio risulti difficoltoso per particolarità anatomiche del paziente, quali l’obesità, per la naturale variabilità del decorso del vaso che si accentua quando si considera la porzione extratoracica dello stesso o quando l’operatore per altri motivi voglia avere una localizzazione più precisa della sede da pungere.
Figura 2. Anatomia fluoroscopica con venografia della zona di interesse. Modificata da Sassone B et al. Axillary vein access for antiarrhythmic cardiac device implantation: a literature review. J Cardiovasc Med (Hagerstown) 2021;22:237-245.
Ulteriori metodiche quali l’utilizzo di una microguida da vena periferica in fluoroscopia o la puntura guidata da ecografia possono essere valide alternative d’imaging, senza l’utilizzo di contrasto, alla venografia. La conoscenza di queste diverse metodiche crea un ventaglio di possibilità che permette una modulazione progressiva dell’approccio a seconda delle difficoltà che si incontrano nell’anatomia specifica del paziente ed in base all’esperienza dell’operatore.
Mattia Laffi,
membro dell’Area Imaging dell’AIAC,
Ospedale Villa Scassi, ASL 3, Genova
Bibliografia
Sassone B, Valzania C, Laffi M, Virzì S, Luzi M; Task Force on Imaging of the Italian Association of Arrhythmias and Cardiac Pacing (AIAC). Axillary vein access for antiarrhythmic cardiac device implantation: a literature review. J Cardiovasc Med (Hagerstown) 2021;22(4):237-245.