L’ablazione delle SVT dopo chirurgia valvolare tricuspidale in pazienti con patologie congenite

I pazienti adulti con patologie cardiache congenite (ACHD) sottoposti ad interventi chirurgici frequentemente sviluppano aritmie atriali determinate da un meccanismo di rientro dovuto alla scar correlata all’intervento chirurgico. L’aritmia più frequente in tale tipologia di pazienti è il flutter atriale istmo-cavo-tricuspidale (CTI). L’ablazione con radiofrequenza è ancora comunemente utilizzata ed il tasso di successo è eccellente. Tuttavia, dati di letteratura suggeriscono che nei pazienti sottoposti a chirurgia della valvola tricuspide (VT), le eventuali procedure di ablazione vengano gravate da un maggior grado di complessità: anatomicamente, infatti, durante gli interventi di anuloplastica dell’anello tricuspidale o di sostituzione valvolare, una porzione del CTI viene ricoperta da materiale protesico, impedendo dunque una ablazione lineare completa dell’istmo. Ciò nonostante, l’impatto degli interventi chirurgici della VT sulla complessità delle procedure non è stata ancora valutato.
Lo studio
Lo scopo dello studio (1) pubblicato su Heart Rhythm da Moore et al. è stato quello di valutare gli effetti della chirurgia su valvola tricuspide sugli outcomes e sulle tecniche procedurali di interventi di ablazione trans-catetere di aritmie sopra-ventricolari. Lo studio ha arruolato retrospettivamente pazienti affetti da ACDH sottoposti ad ablazione di aritmie sopra-ventricolari tra il 2006 ed il 2018 proveniente da sette centri. Sono stati coinvolti 136 pazienti suddivisi in tre gruppi:
- 42 pazienti sottoposti a sostituzione/anulopastica della VT;
- 39 pazienti a riparazione valvolare;
- 55 pazienti ad alcun intervento chirurgico.
L’età media era di 32 anni. Sono state eseguite 180 procedure di ablazione riguardanti 239 forme di tachicardia (media di 1.3 forme per procedura). Il substrato target più comune è stata la tachicardia da rientro intra-atriale dipendente dal CTI (nel 36% dei casi), seguita dalla tachicardia da rientro intra-atriale non dipendente dal CTI (nel 29% dei casi), dalla tachicardia atriale focale (nel 18%) e da altre forme di tachicardie sopra-ventricolari (17% dei casi). Le procedure di ablazione in pazienti precedentemente sottoposti a chirurgia avevano avuto una durata maggiore (4.3 ore vs 3.3 ore, p=0.003) ed avevano richiesto una fluoroscopia maggiore (31 minuti vs 18 minuti, p=0.001).
Un successo procedurale completo (definito come l’eliminazione di ogni forma di tachicardia atriale focale durante l’ablazione) è stato raggiunto in 51 procedure (80%) nel gruppo sottoposto a sostituzione/anulopastica della VT, in 43 procedure (86%) nel gruppo sottoposto a riparazione valvolare ed in 58 procedure (88%) nei pazienti non sottoposti a chirurgia. Un successo parziale è stato raggiunto invece in 51 casi (80%) nel gruppo sottoposto a sostituzione/anulopastica valvolare versus 47 e 62 procedure (94% per entrambi) negli altri due gruppi (p=0.03). Le complicanze procedurali sono state un aumento della soglia dell’elettro-catetere per il seno coronarico (n=1), un impianto di pacemaker per disfunzione del nodo del seno (n=1), un problema muscolare scheletrico (n=1) a causa della prolungata immobilizzazione correlata alla procedura. Al contrario non sono stati riscontrati danni all’apparato valvolare tricuspidale evidenziati con l’esecuzione di un ecocardiogramma c/D.
Durante un follow-up medio di 3 anni si sono verificate 48 (26%) ricorrenze di tachicardie (definite come una forma di tachi-aritmia sostenuta dimostrata elettro-cardiograficamente o con dispositivi cardiaci impiantabili (CIEDs)). L’analisi multivariata aggiustata per età, severità delle lesioni e presenza di CIEDs ha mostrato una associazione tra l’intervento di sostituzione/anulopastica della VT e la ricorrenza dalla tachicardia durane il follow-up (sostituzione versus non chirurgia; hazard ratio (HR) 2.4; 95% intervallo di confidenza 1.2-5.2; p = 0.009) ma non per l’intervento di riparazione (riparazione versus non chirurgia: HR 1.2; 95% IC 1.01-4.0; p = 0.604).
Conclusioni
I dati provenienti da questo studio sottolineano che gli interventi di chirurgia che coinvolgono la valvola tricuspide, quali la sostituzione valvolare o l’ anuloplastica, rappresentano un importante impedimento alle procedure di ablazione poiché le rendono più complesse e determinano degli outcomes sfavorevoli.
Il raggiungimento di un substrato localizzato a livello anulare può essere problematico in tali condizioni ed una ablazione empirica pre-operatoria dell’istmo dovrebbe essere valutata in alcuni gruppi di pazienti a maggior rischio. I risultati di questo studio retrospettivo dovrebbero spingere ad eseguire ulteriori studi multicentrici e valutazioni prospettiche al fine di valutare il potenziale ruolo di una procedura empirica di ablazione di un substrato anulare nei pazienti affetti da ACHD.
A cura di Germana Panattoni
Bibliografia
1 Moore JP, Gallotti RG, Chiriac A, et al. Catheter ablation of supraventricular tachycardia after tricuspid valve surgery in patients with congenital heart disease: A multicenter comparative study. Heart Rhythm 2019; https://doi.org/10.1016/j.hrthm.2019.07.020