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Pazienti con ICD, quali i predittori delle scelte nel fine vita?

Dalla letteratura

Nelle recenti linee guida pubblicate dall’American College of Cardiology/American Heart Association (ACC/AHA) si è sottolineata l’importanza, in pazienti con defibrillatori impiantabili (ICD), del tenere un colloquio sul fine vita, e in particolare sulla sostituzione del generatore e l’eventuale interruzione della terapia di defibrillazione, già al momento dell’impianto. Ad oggi le morti per scompenso cardiaco sono fortemente diminuite grazie a questi device, ma l’azione del dispositivo non adeguatamente modulata causa shock inappropriati che costringono il paziente ad avere un’esperienza dolorosa e prolungata nel 33% dei casi (1). Uno studio pubblicato su Heart & Lung ha valutato il legame che c’è tra l’alfabetizzazione sanitaria e l’esperienza, l’attitudine e le conoscenze che il paziente ha riguardo l’ICD e il fine vita (2).

Lo studio

Tra il 2015 e il 2016, sono stati arruolati 240 pazienti con ICD da più di 12 mesi, ai quali è stata somministrata una survey sociodemografica su età, sesso, etnia e storia pregressa di shock e sostituzione del generatore, il Newest Vital Sign per misurare l’alfabetizzazione sanitaria e la Scala dell’Ansietà e della Depressione per indagare i fattori potrebbero influenzare il processo decisionale nel fine vita. L’età media dei pazienti era di 62 anni, il 28% erano donne e il 16,7% si consideravano parte di una minoranza. L’alfabetizzazione sanitaria media dei pazienti è risultata pari a 3,07 su una scada da 0 a 6 in cui un punteggio superiore a 4 indica un’adeguata alfabetizzazione. Mentre le conoscenze specifiche sul dispositivo sono state in media del 5,6 su un punteggio massimo di 11. Il 63% dei partecipanti ha dichiarato di aver avuto una conversazione con il proprio medico sull’eventuale sostituzione del generatore e solo il 24% sull’interruzione della terapia di defibrillazione nel fine vita. A tali risultati è stato applicato il modello multinomiale di regressione logistica al fine di determinare i predittori che avrebbero influenzato le scelte di fine vita.

I punteggi bassi nella conoscenza del dispositivo e nell’alfabetizzazione sanitaria sono risultati determinanti nelle scelte di fine vita, aumentando la probabilità che il paziente scegliesse di sottoporsi all’intervento per la sostituzione del generatore o a continuare la terapia di defibrillazione nella convinzione di poter contrastare anche le malattie terminali. Inoltre, anche esperienze pregresse di shock o sostituzione del generatore sono risultate associate alla probabilità di effettuare una o l’altra scelta. Il sesso femminile è risultato predittore della decisione di mantenere una terapia di defibrillazione, di 2,288 volte più alta rispetto agli uomini (p =0,027). Si ipotizza quindi che l’esperienza del fine vita sia diversa nei due sessi per cui andrebbero fatti studi specifici. Infine, una diagnosi di ansia e depressione sono risultati predittori di un aumentato rischio di avere un’esperienza dolorosa e prolungata nel fine vita.

Conclusioni

Dallo studio è risultata un’associazione positiva tra la presenza di determinanti sociali negative, un alto tasso di comorbilità psicosociali e uno scarso livello di conoscenza del dispositivo e un rischio più elevato di andare incontro a un’esperienza dolorosa e prolungata nel fine vita.

Bibliografia

1. Westerdahl AK, Sutton R, Frykman V. Defibrillator patients should not be denied a peaceful death. International Journal of Cardiology 2015; 182: 440–6.
2. Miller JL, Chung ML, Etaee F, et al. Missed opportunities! End of life decision making and discussions in implantable cardioverter defibrillator recipients. Heart & Lung 2019; 48(4): 313-9.

 

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