RM, smartphone, metal detector e… dispositivi cardiaci

Il Giornale italiano di Cardiologia pubblica un approfondimento sulla sicurezza dei dispositivi elettronici cardiaci impiantabili in presenza di possibile interferenze elettromagnetiche emesse dalle apparecchiature diagnostiche terapeutiche e di semplice uso quotidiano quali lo smartphone o i lettori mp3.
Un problema attuale e ancora oggi di difficile gestione: da parte dell’industria vi è una crescente attenzione a sviluppare dispositivi “MRI conditional”, ma siamo ancora lontani dall’avere dispositivi “MRI safe”. Inoltre manca un sistema di etichettatura univoco che sia il più possibile chiaro. “L’azione principale da perseguire dovrebbe essere una campagna di educazione su larga scala di medici e pazienti e parallelamente un aggiornamento e revisione della normativa nazionale”, concludono gli autori dell’articolo.
Ragionevoli certezze
Nell’ultimo decennio il costante aumento del numero di pazienti portatori di dispositivi elettronici cardiaci impiantabili (CIED) ha reso il tema dell’interazione tra i dispositivi stessi e le potenziali sorgenti di campi elettromagnetici estremamente attuale. In particolare, molte delle nuove indicazioni all’impianto di cardioverter-defibrillatore (ICD) riguardano pazienti generalmente più giovani, alcuni dei quali hanno maggior probabilità di svolgere la loro attività professionale in ambienti industriali o comunque esposti a campi elettromagnetici. Al tempo stesso, viviamo quotidianamente una rapida ed inarrestabile diffusione della tecnologia basata sull’emissione di segnali elettromagnetici. Sempre più dispositivi e apparecchiature elettromedicali nonché strumenti di uso quotidiano, infatti, possono creare interferenze elettromagnetiche (EMI) potenzialmente in grado di interagire con il normale funzionamento dei CIED. Tuttavia, nonostante il rischio di interferenze vada sempre considerato, i dati disponibili in letteratura, mostrano come le più recenti generazioni di dispositivi impiantabili siano dotate di meccanismi di protezione efficaci in grado di minimizzare l’effetto clinico di un’eventuale EMI.
Aspetti controversi
Lo sviluppo da parte dell’industria biomedica di dispositivi impiantabili, pacemaker e ICD, progettati ed etichettati come “MRI conditional”, aumenterà sensibilmente il numero di esami di risonanza magnetica effettuati in tutto il mondo. Se da una parte questo consentirà l’accesso ad un esame diagnostico così importante a molti pazienti a cui prima veniva negato, dall’altra renderà obbligatorio definire dei modelli organizzativi, condivisi con i radiologi, in grado di far fronte alla sfida logistico-organizzativa posta dal prevedibile aumento di risorse richiesto. Va ricordato che fino ad oggi l’industria biomedica ha prodotto dei dispositivi classificati come “MRI conditional” ma siamo ancora lontani da dispositivi che possano essere considerati “MRI safe”. Questo vuol dire che anche in presenza di un dispositivo “MRI conditional” è obbligatorio mettere in atto una serie di precauzioni codificate e previste dalla casa costruttrice del dispositivo. Come conseguenza diretta di ciò, ad esempio, nella pratica clinica, la presenza di un ICD, anche se “MRI conditional”, rimane un forte ostacolo all’esecuzione di una risonanza magnetica e sempre più impellente è la necessità che nuove linee guida aggiornate codifichino chiaramente, così come già avvenuto per i pacemaker, modalità e condizioni per poter eseguire questo esame anche nei pazienti portatori di ICD “MRI conditional”.
Prospettive
L’industria dei dispositivi impiantabili deve lavorare in accordo con gli organismi di regolamentazione e con i produttori di emettitori di campi elettromagnetici, per delineare precise linee guida comportamentali e validi strumenti di prevenzione, incluso un sistema di etichettatura che sia il più possibile chiaro e univoco, ma l’azione principale da perseguire dovrebbe essere una campagna di educazione su larga scala di medici e pazienti. È essenziale, infatti, oggi più di ieri, alla luce dello sviluppo tecnologico sempre più avanzato in questo campo, che i pazienti portatori di dispositivi impiantabili e i medici che li curano siano consapevoli delle potenziali fonti di EMI e delle strategie di gestione adeguate di questa problematica sia nell’ambiente strettamente medico che di quello non medico; parallelamente è necessario un ormai improcrastinabile aggiornamento e revisione della normativa nazionale.
Fonte
Ribatti V, Santini L, Forleo GB, et al. Le interferenze elettromagnetiche nell’era dei dispositivi elettronici cardiaci impiantabili compatibili con la risonanza magnetica. G Ital Cardiol 2017; 18: 295-304.