Scompenso cardiaco e insufficienza renale: ICD sì o no?

L’insufficienza renale cronica (IRC) è una condizione di comune riscontro negli adulti con scompenso cardiaco. Ad oggi, circa 6 milioni di adulti americani sono affetti da scompenso ed il 30% di essi presenta una funzionalità renale cronicamente compromessa. Una delle manifestazioni più temibili dello scompenso cardiaco è la morte cardiaca improvvisa, il cui rischio è significativamente maggiore nei pazienti con IRC. E’ stato ampiamente dimostrato che l’impianto di un defibrillatore riduce il rischio di morte su base aritmica nei pazienti con scompenso cardiaco e bassa frazione d’eiezione rispetto alla sola terapia medica. Tuttavia, i dati disponibili dai principali trial clinici randomizzati tengono conto solo minimanente dei pazienti con concomitante IRC, che rappresentano una porzione molto piccola delle popolazioni analizzate. Per tale motivo, non esistono dati certi sugli outcome clinici in pazienti con IRC e scompenso cardiaco con bassa frazione d’eiezione sottoposti ad impianto di defibrillatore per la prevenzione primaria della morte cardiaca improvvisa. Recentemente, Bansal et al. hanno valutato la mortalità e il rischio di ospedalizzazioni in una popolazione di pazienti con scompenso cardiaco sistolico con e senza defibrillatore impiantabile.
Lo studio
In totale, 5877 pazienti (69% maschi, età media 73 8 anni) con scompenso cardiaco, frazione d’eiezione < 40% e IRC (eGFR < 60mL/min/1.73m2) sono stati inclusi nello studio. Pazienti portatori di ICD in prevenzione primaria (n=1556) sono stati matchati con 4321 pazienti senza ICD secondo un rapporto 1:3. Durante un follow-up medio di 3 anni, 2541 pazienti (43.2%) sono deceduti, con un tasso di mortalità pari a 14.9/100 persone-anno nel gruppo ICD e 13.6/100 persone-anno nel gruppo non-ICD (p=NS). I pazienti ospedalizzati per riacutizzazione di scompenso sono stati 1922 (32.7%) ed il rischio è stato significativamente maggiore nel gruppo ICD (16.9/100 persone-anno vs. 11.1/100 persone-anno). Tale differenza è stata confermata anche dopo correzione per i principali parametri demografici, le comorbidità e la terapia farmacologica. In totale, il 69.6% dei pazienti totali è stato sottoposto ad almeno un’ospedalizzazione per qualsiasi causa, il cui rischio relativo è stato del 25% maggiore fra i pazienti portatori di ICD.
Conclusione
Nei pazienti con scompenso cardiaco e IRC, l’impianto di ICD per la prevenzione primaria della morte cardiaca improvvisa non sembra favorire un miglioramento significativo della sopravvivenza ed è associato ad un aumento del rischio di ospedalizzazioni per cause cardiache e non. Tali risultati ampliano le osservazioni di studi precedenti e confermano la necessità di un’attenta valutazione dei rischi e dei benefici legati all’impianto di ICD nei pazienti con funzionalità renale cronicamente compromessa e bassa frazione d’eiezione.
Domenico Giovanni Della Rocca, MD
Texas Cardiac Arrhythmia Institute
St. David’s Medical Center, Austin, Texas
Bibliografia
1. Bansal N, Szpiro A, Reynolds K, et al. Long-term Outcomes Associated With Implantable Cardioverter Defibrillator in Adults With Chronic Kidney Disease. JAMA Internal Medicine 2018 Mar 1; 178(3): 390 – 398.