Ablazioni a raggi zero?
L’ablazione transcatetere rappresenta ad oggi la terapia di prima scelta per la cura di molte aritmie cardiache, tuttavia il posizionamento degli elettrocateteri all’interno delle cavità cardiache e la loro visualizzazione durante le procedure avviene tramite l’uso della fluoroscopia. L’esposizione quindi alle radiazioni ionizzanti può essere anche molto prolungata con conseguenti danni biologici per il paziente e gli operatori.
Recentemente un gruppo di lavoro della Società Europea di Cardiologia ha affrontato l’argomento del rischio biologico durante le procedure diagnostiche e interventistiche in Cardiologia e ha preso posizione al riguardo, sottolineando il fatto che molto spesso la comunità cardiologica non conosce adeguatamente i rischi connessi all’esposizione fluoroscopica e ignora le problematiche ad essa legate (1).
Dalle evidenze
I sistemi di mappaggio elettroanatomico in commercio da oltre 15 anni sono nati con il primo intento di permettere la comprensione e la cura di aritmie cardiache complesse. La riduzione dell’esposizione radiologica legata al loro utilizzo è nota, ma riconsiderata solamente negli ultimi anni. Mentre infatti in letteratura sono presenti numerosi studi di confronto tra trattamento ablativo tradizionale e trattamento con sistema di mappaggio nell’ambito di diversi quadri aritmici (2), pochi sono invece i lavori che abbiano considerato la riduzione dell’esposizione radiologica come endpoint primario (3). I lavori in ambito di elettrofisiologia interventistica pediatrica sono decisamente più numerosi e questo è dovuto da sempre ad una diversa sensibilità da parte degli operatori a questo gruppo di pazienti (4).
Uno dei pochissimi studi randomizzati di confronto tra ablazione tradizionale e ablazione con sistema di mappaggio nel trattamento di aritmie non complesse negli adulti è quello del gruppo di Richard Schilling (5) che ha dimostrato la non inferiorità dei sistemi di mappaggio nella cura dell’aritmie tradizionali e la netta superiorità di questi nell’abbattimento dei tempi di fluoroscopia ed esposizione radiologica. Esperienza analoga quella pubblicata dal gruppo italiano del dottor Marco Scaglione per l’ablazione transcatetere della fibrillazione atriale (6).
Alla pratica clinica
Nel nostro laboratorio di elettrofisiologia ed elettrostimolazione l’utilizzo dei sistemi di mappaggio elettroanatomico ha luogo da oltre 10 anni. L’esperienza inizia nel 2001 con l’utilizzo del sistema di mappaggio CARTO (Biosence Webster, Diamond Bar, California, USA) per il trattamento di aritmie complesse (fibrillazione atriale, flutter atriale atipico, tachicardia ventricolare) e nel 2008 un secondo sistema di mappaggio ENSITE NavX (St. Jude Medical, St Paul, Minnesota, USA) viene affiancato per il trattamento di aritmie tradizionali. Dall’ottobre 2008, in accordo con la nostra amministrazione, tutte le procedure di ablazione transcatetere vengono condotte utilizzando uno dei due sistemi di mappaggio (unica eccezione l’ablazione del nodo AV) con l’obiettivo di finale di ridurre al minimo i tempi di esposizione radiologica.
Nell’arco di questi anni i tempi di fluoroscopia, l’esposizione radiologica espressa come Dose-Area-Prodotto (DAP) e durata della procedura sono stati raccolti in maniera sistematica e l’abbattimento dell’esposizione radiologica ha raggiunto l’80% (figura 1). La casistica raccoglie oltre 700 procedure di ogni tipo di un laboratorio standard e soprattutto negli anni si sono avvicendati operatori con diverso grado di preparazione (nel 2009 conclusione del training di un secondo operatore e nel 2013 inizio training di un terzo operatore).

Nella nostra esperienza il drammatico abbattimento dei tempi di fluoroscopia durante le procedure di ablazione non trova spiegazione solo nel semplice utilizzo dei sistemi di mappaggio, ma anche altri fattori giocano un ruolo altrettanto importante. In primo luogo l’impiego dei sistemi di mappaggio è stato metodico e sistematico costringendo così l’operatore a una costante interpretazione tridimensionale della patologia aritmica e ad una vera correlazione elettroanatomica dei quadri aritmici cercando nel sistema stesso il movimento corretto del catetere senza ricorrere alla scopia.
In secondo luogo, l’impiego quotidiano dei sistemi di mappaggio ha permesso una crescita omogenea del personale medico e non medico favorendo un utilizzo e un controllo più familiare delle macchine prevedendo e risolvendo problemi di quotidiana amministrazione. Infine, il costante sviluppo tecnologico dei sistemi (hardware e software) avvenuto in questi anni ha consentito un ulteriore abbattimento dei tempi di scopia soprattutto potendo visualizzare contemporaneamente più elettrocateteri e migliorando la ricostruzione 3D della camere cardiache.
L’entusiasmo promosso da questi risultati, ci ha spinto a utilizzare il sistema di mappaggio anche durante l’impianto di pacemaker/defibrillatori biventricolari, utilizzando il sistema stesso per la ricostruzione elettroanatomica delle vene, delle camere cardiache e del sistema venoso coronarico. Anche in questo ambito la riduzione del tempo di scopia è stata importante e la mappa dei ritardi di conduzione ha consentito un posizionamento degli elettrocateteri più mirato (7).
Conclusioni
In conclusione, secondo la nostra esperienza, l’impiego sistematico dei sistemi di mappaggio durante procedure interventistiche di ablazione transcatetere consente un abbattimento importante dell’esposizione radiologica. L’eliminazione totale della scopia (Zero Fuoroscopy), ammesso che abbia un vero senso clinico rispetto alla quasi eliminazione (Near Zero Fluoroscopy), ancora non è possibile proprio per la presenza di limiti tecnologici nei sistemi stessi, tuttavia, qualora i nostri dati venissero confermati anche da altri centri, non sarà più etico proporre al paziente un procedura interventistica di ablazione senza l’ausilio di un sistema di mappaggio. A nostro giudizio, l’indiscusso beneficio di una riduzione così significativa della fluoroscopia, giustifica l’attuale aumento del costo procedurale.
Massimiliano Marini
Laboratorio di Elettrofisiologia, Ospedale S. Chiara Trento
Bibliografia
1. Picano E, Vaňó E, Rehani MM et al. The appropriate and justified use of medical radiation in cardiovascular imaging: a position document of ESC Association of Cardiovascular Imaging, Percutaneous Cardiovascular Interventions and Electrophysiology. Eur Heart J 2014; 35: 665-72.
2. Sporton SC, Earley MJ, Nathan AW, Schilling RJ. Electroanatomic versus fluoroscopic mapping for catheter ablation procedures: a prospective randomized study. J Cardiovasc Electrophysiol 2004; 15: 310-5.
3. Casella M, Dello Russo A, Pelargonio G et al. Rationale and design of the NO-PARTY trial: near-zero fluoroscopic exposure during catheter ablation of supraventricular arrhythmias in young patients. Cardiol Young 2012; 22: 539-46.
4. Kwong W, Neilson AL, Chiu CC et al. The effect of NavX on fluoroscopy times in pediatric catheter ablation. J Interv Card Electrophysiol 2012; 33: 123-6.
5. Earley MJ, Showkathali R, Alzetani M et al. Radiofrequency ablation of arrhythmias guided by non-fluoroscopic catheter location: a prospective randomized trial. Eur Heart J 2006; 27: 1223-9.
6. Scaglione M, Biasco L, Caponi D, et al. Visualization of multiple catheters with electroanatomical mapping reduces X-ray exposure during atrial fibrillation ablation. Europace 2011; 13: 955-62.
7. Del Greco M, Marini M, Bonmassari R. Implantation of a biventricular implantable cardioverter-defibrillator guided by an electroanatomic mapping system. Europace 2012; 14: 107-111.