Sulla cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro
Intervista a Domenico Corrado, Professore ordinario di Malattie dell’apparato cardiovascolare presso l’Università di Padova.
La XIV edizione del Congresso nazionale AIAC, tenutasi a Bologna dal 23 al 25 marzo, si è conclusa con la lettura magistrale di Domenico Corrado, professore ordinario di Malattie dell’apparato cardiovascolare presso l’Università di Padova, in tema di cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro. In quell’occasione il prof. Corrado, tra i massimi esperti di questa patologia, ci ha descritto i progressi della ricerca in questo campo, dall’analisi dei tracciati elettrocardiografici alla biologia molecolare.
“La cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro è una malattia che abbiamo imparato a conoscere negli ultimi trent’anni, in termini di patogenesi, eziologia genetica, manifestazioni cliniche ed elettrocardiografiche, stratificazione del rischio e terapia”, ha dichiarato il cardiologo. “C’è una stretta relazione tra questa patologia ed il rischio di morte improvvisa durante lo sport, in parte perché si tratta di una condizione clinicamente silente. Gli atleti che ne soffrono sono infatti asintomatici e, praticando attività sportiva agonistica, possono andare incontro a un attacco cardiaco aritmico legato alla malattia”. Gli studi del prof. Corrado, realizzati sul territorio della regione Veneto, hanno infatti dimostrato che la cardiomiopatia aritmogena è una delle cause principali di morte improvvisa nell’atleta. “Per questo è importante sottoporre gli atleti a una valutazione di screening pre-agonistico allo scopo di identificare la malattia in fase pre-sintomatica. Non si può aspettare che i sintomi si presentino spontaneamente, perché spesso l’arresto cardiaco è la prima e purtroppo la definitiva manifestazione clinica della malattia. Si rende quindi necessario ricercare attivamente le alterazioni elettrocardiografiche tipiche, comunemente rilevabili mediante lo screening”.
Lo screening pre-agonistico in Italia è obbligatorio e, per quanto riguarda la valutazione cardiovascolare, si basa proprio sull’elettrocardiogramma. “Questa tecnica è dotata di grandissima sensibilità nell’identificazione delle cardiomiopatie occulte, come la cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro o la cardiomiopatia ipertrofica. Entrambe queste patologie sono geneticamente determinate e caratterizzate da alterazioni del muscolo cardiaco in grado di causare instabilità elettrica e, di conseguenza, un arresto cardiaco aritmico”. Proprio uno studio durato 25 anni, realizzato dal gruppo di ricerca del prof. Corrado, ha valutato gli effetti dell’introduzione dello screening pre-agonistico, avvenuta nel 1982, sulla prevenzione della morte improvvisa cardiovascolare durante attività sportiva. “C’è stata una riduzione importantissima, pari al 90%, della incidenza di morte improvvisa cardiaca nell’atleta. Nel corso di 25 anni lo screening, grazie all’elettrocardiogramma, ha permesso di identificare i soggetti affetti da queste cardiomiopatie e di ridurre in maniera drastica il rischio cardiovascolare durante lo sport”.
Un altro aspetto clinico rilevante riguarda la diagnosi differenziale tra cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro ed altre aritmie, come la tachicardia ad origine dal tratto di efflusso del ventricolo destro, che risulta comune e di natura benigna nella popolazione degli atleti. “La diagnosi differenziale deve essere molto accurata perché c’è il rischio di mancare la diagnosi di cardiomiopatia aritmogena o di diagnosticare erroneamente questa malattia in soggetti con una aritmia ventricolare innocente “.
Infine, il prof. Corrado ci ha parlato della relazione esistente tra la cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro e Sindrome di Brugada. “Si tratta sicuramente di due condizioni diverse: la prima è una patologia cardiaca strutturale caratterizzata dalla presenza di cicatrici miocardiche che rappresentano il substrato dell’aritmia; la seconda invece è una malattia dei canali ionici ed è quindi il risultato di una alterazione primariamente elettrica del miocita conseguente ad un difetto dei geni che codificano per il canale del sodio e di altri geni tuttora in corso di valutazione”. La differenza tra le due patologie si rende evidente nel diverso risultato dell’ecocardiogramma: “Nel soggetto con cardiomiopatia aritmogena questo test permette di individuare una alterazione strutturale del ventricolo destro, come dilatazione e disfunzione sistolica sia globale che regionale , mentre nei pazienti affetti da sindrome di Brugada risulta completamente negativo”.
Negli ultimi anni stanno inoltre venendo alla luce alcuni meccanismi di biologia molecolare che permettono di meglio chiarire la relazione tra le due patologie. “I desmosomi che sono strutture specializzate con il compito di mantenere l’adesione meccanica tra le miocellule, sono in relazione, sia topografica che funzionale, con i canali del sodio. Pertanto, una mutazione genetica a livello delle proteine costituenti dei desmosomi, che causa una cardiomiopatia aritmogena, secondariamente comporta una riduzione della corrente del sodio e predispone a una aritmia maligna con meccanismo simile a quello della sindrome di Brugada. Questo spiega l’esistenza di alcuni fenotipi “misti”, come quelli di pazienti deceduti improvvisamente che presentavano all’autopsia alterazioni strutturali tipiche della cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro ed un elettrocardiogramma tipico della Sindrome di Brugada”. “La recente individuazione di interazioni funzionali a livello subcellulare” conclude il prof. Corrado, “sembrerebbe finalmente spiegare la stretta relazione esistente tra le due malattie”.