Dispositivi impiantabili, il trial ALSYNC e il registro DECODE

Intervista a Mauro Biffi, responsabile dell’U.O. “Attività di aritmologia e elettrofisiologia interventistica” del Policlinico S.Orsola-Malpighi di Bologna.
Abbiamo rivolto alcune domande a Mauro Biffi, primo autore di due studi presentati al meeting annuale della Heart Rhythm Society di quest’anno. Nel primo di questi i ricercatori sono andati a valutare, nel contesto dello studio ALSYNC, i benefici associati a una stimolazione endoventricolare sinistra nei pazienti in cui non è possibile effettuare un impianto convenzionale o che non rispondono alla terapia di risincronizzazione cardiaca. Nel secondo invece, Biffi e colleghi hanno analizzato i dati, relativi alla mortalità in seguito alla sostituzione di un defibrillatore cardiaco impiantabile, provenienti dal registro DECODE.
Quali sono i pazienti che traggono maggiori benefici da una stimolazione endoventricolare sinistra?
I candiati ideali alla stimolazione endoventricolare sinistra sono i pazienti in cui per qualsiasi motivo (impossibile accesso a una vena coronarica, soglia di stimolazione troppo elevata, stimolazione del frenico non evitabile) non sia possibile la stimolazione epicardica per via transvenosa convenzionale o in cui il posizionamento di un catetere per via toracotomica non sia desiderato (pregresso intervento cardiochirurgico con possibilità di aderenze tenaci) o consigliabile (pazienti fragili). Un sottogruppo piuttosto nutrito è poi rappresentato dai non-responders alla CRT (circa 20% dei pazienti), la metà dei quali può ottenere miglioramenti sovrapponibili ai pazienti cosiddetti “ideali”. L’effetto sembra particolarmente evidente nei pazienti con cardiopatia ischemica, nei quali è possibile selezionare siti di stimolazione specifici grazie alla ampia possibilità di posizionamento offerta dall’approccio endoventricolare.
In quali casi, invece, questa procedura non è indicata?
Decisamente nei pazienti ad alto rischio emorragico, poiché la terapia anticoagulante è considerata indispensabile in questa situazione, assimilata alla presenza di una protesi valvolare meccanica. Inoltre, non è ovviamente fattibile, se non per un accesso transettale ventricolare o transapicale, nei portatori di protesi mitralica meccanica.
Quali sono gli effetti in termini di tempi e costi procedurali?
Il costo può variare per la necessità di materiali dedicati all’accesso transettale, maggiormente per la assistenza alla puntura transettale (ECO TE oppure ICE) dall’accesso superiore. I tempi procedurali, invece, divengono simili alla procedura convenzionale dopo una learning curve di 6-8 casi.
Quali sono i parametri clinico strumentali che la metodica potrebbe migliorare maggiormente?
Come evidenziato nello studio ALSYNC, una stimolazione endoventricolare sinistra agisce positivamente sulla prestazione funzionale (NYHA) e il volume ventricolare.
Passando invece al registro DECODE. Quali sono stati i fattori di rischio di maggior peso nella vostra casistica su ICD?
Nel registro DECODE sono stati considerati 983 pazienti sottoposti a sostituzione o upgrade di ICD/CRTD. Le infezioni sono state molto contenute, 1.8% a 16 mesi di follow up medio, mentre gli eventi relativi ai cateteri (dislocazione e malfunzionamento) e le complicanze emorragiche sono risultati molto più frequenti, raggiungendo in entrambi i casi il 3.3%. Il ricovero nei 30 giorni precedente l’intervento, il reintervento e la gravità del paziente sono associati all’ insorgenza di complicanze nei 12 mesi successivi.
Quali sono i pazienti con maggior rischio per la sostituzione dell’ICD?
Il rischio di morte o trapianto cardiaco dopo la sostituzione di ICD/CRTD è associato indipendentemente a una ridotta funzione renale (VFG ≤ 30 ml/min), a un grave scompenso cardiaco (NYHA 3 o 4) e a una ospedalizzazione nei 30 giorni precedenti l’intervento. Questo significa che i pazienti meno stabili e con malattie croniche di lunga durata sono i più esposti a un outcome sfavorevole.
In che modo è quindi possibile ridurre il rischio di infezioni?
Eseguire le procedure di sostituzione e upgrade solamente una volta che il paziente sia adeguatamente stabilizzato sul piano clinico dovrebbe divenire una prassi obbligatoria. Lo stesso dicasi per i pazienti che hanno subito lunghe ospedalizzazioni, in quanto la flora batterica è costituita principalmente da stafilococchi meticillino-resistenti e altri nosocomiali. La minimizzazione delle complicanze emorragiche deve divenire parte integrante della strategia operatoria. I reinterventi legati a prestazioni subottimali degli elettrocateteri dovrebbero essere in futuro evitati dalla riprogrammazione del canale di pacing/sensing, perlomeno nei dispositivi CRT che dispongono di due canali ventricolari: il sensing dal ventricolo sinistro si è infatti rivelato affidabile nel lungo termine. Da ultimo, la massimizzazione della longevità dei dispositivi durante la fase ERI-EOL grazie al monitoraggio remoto può risparmiare sostituzioni e complicanze in pazienti fragili e molto compromessi.
Intervista a cura di Giulio Procedda
S.O.D.c. Cardiologia Pediatrica
Azienda Ospedaliero Universitaria Meyer (Firenze)