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ESC: ictus, come prevenirlo e trattarlo al meglio

Sabato 29 ottobre si celebra la Giornata mondiale contro l’ictus cerebrale, che quest’anno è dedicata a evidenziare gli aspetti trattabili dell’ictus – dalla curabilità alla prevenzione, dall’importanza degli stili di vita corretti al riconoscimento precoce dei sintomi fino alla necessità di pari opportunità nell’accesso alle cure.

In occasione di questo appuntamento, il nostro intento è sottolineare l’importanza della possibilità di prevenire:

– l’incidenza degli eventi di ictus (prevenzione primaria), specie nei pazienti portatori di dispositivi cardiaci impiantabili,
– possibili recidive ictali (prevenzione secondaria) nei pazienti che sono già stati colpiti da tale evento.

A tal riguardo, le più recenti linee guida per la gestione della fibrillazione atriale (FA) emanate dalla Società Europea di Cardiologia (ESC) [Kirchhof P, Europace 2016] e controfirmate dalla Società Europea Ictus (ESO), danno indicazioni chiare relativamente alle ottimali modalità di approccio diagnostico e gestionale dei pazienti con FA, più o meno sospetta.

Nelle stesse linee guida, considerata la complessità di patologia, si indica la necessità di implementare un approccio mulitidisciplinare integrato tra specialisti ed emerge il ruolo potenzialmente decisionale del paziente, con l’obiettivo di migliorarne gli outcome clinici.

La FA è l’aritmia più comune che si riscontra nella pratica clinica [Go AS, Jama 2001; Fuster V, Circulation 2006] ed è associata ad un incremento della morbidità e della mortalità con un conseguente impatto economico per il sistema sanitario correlato principalmente alle complicanze tromboemboliche [Benjamin EJ, Circulation 1998; Furberg CD, Am J Cardiol 1994].

La FA è riscontrabile in circa il 2% della popolazione, con una prevalenza in netto incremento in rapporto all’invecchiamento della stessa [Go AS, Jama 2001]. Il profilo epidemiologico della FA è largamente incompleto in quanto, fino nel 40% dei casi l’aritmia può essere clinicamente silente, con possibilità di diagnosi occasionale (diagnosi opportunistica) [Boriani G, Vascul Pharmacol 2016].

Ormai si riconosce alla FA il ruolo di importante fattore indipendente di Ictus e delle sue recidive. È ben noto che il paziente con FA ha un rischio aumentato di incorrere in un evento ictale fino a 5 volte superiore [Wolf PA, Arch Intern Med 1987] e l’ictus ischemico, associato a FA, ha probabilità doppia di essere fatale rispetto ad un evento in assenza di FA [Lin HJ, Stroke 1996].

In accordo con i principali trials, il 15-25% di tutti gli ictus è attribuibile a FA [Mozzafarian D, Circulation 2015], ma tale proporzione verosimilmente sottostima il contributo della FA, essendo questa aritmia difficilmente diagnosticata se non si hanno a disposizione metodiche continue a lungo termine.

Lo strumento più potente a disposizione per la prevenzione degli ictus, delle sue conseguenze cliniche e sociali, nonché delle sue recidive, è quindi quello che permette di riconoscere e diagnosticare la FA in maniera efficace, e soprattutto tempestiva.

In particolare, come emerge anche dalle linee guida ESC, risulta essere di estrema importanza la diagnosi di FA nelle popolazioni a rischio, rappresentate ad esempio dai soggetti colpiti da pregressi eventi ischemici cerebrali (prevenzione secondaria), o nei pazienti per i quali si hanno a disposizione tools diagnostici che ci consentono di effettuare una diagnosi opportunistica dell’aritmia (prevenzione primaria), quali sono i pazienti portatori di un dispositivo cardiaco permanente: pacemaker (PM) o defibrillatore cardiaco impiantabile (ICD).

Prevenzione primaria degli eventi di ictus nei pazienti portatori di dispositivi cardiaci impiantabili

Le linee guida sopra citate, indicano come classe I, livello di evidenza B, la necessità di controllare frequentemente PM e ICD per valutare la presenza di FA, clinica o subclinica, al fine di prescrivere la terapia farmacologica adeguata [Kirchhof P, Europace 2016].

Linee guida ESC fibrillazione atriale

Da qualche mese, in aggiunta alle famiglie di dispositivi cardiaci impiantabili tradizionali (PM e ICD) è  disponibile un defibrillatore monocamerale in grado di monitorare e diagnosticare l’insorgenza della FA in modo continuo, discriminando l’aritmia sopraventricolare attraverso un algoritmo (analisi della irregolarità degli intervalli R-R per valutare il ritmo del paziente) provato, validato, e implementato ormai da anni sugli Implantable Loop Recorder (ILR) [Deshmukh A, Pacing Clin Electrophysiol 2016].

Oltre a rilevare il singolo episodio di FA, gli attuali ILR, PM ed ICD possiedono numerose diagnostiche che possono aiutare i clinici nella gestione a 360° del paziente, quali la frequenza ventricolare media e massima raggiunta durante gli episodi di FA, la registrazione dell’attività del paziente, la frequenza ventricolare diurna e notturna, la variabilità del ritmo cardiaco e il burden giornaliero di FA.

Al di là di una semplice valutazione della durata dei singoli episodi di FA, il burden giornaliero di FA, ovvero quanto tempo viene speso in FA nell’arco di una giornata, richiede un monitoraggio continuo, che quindi è proprio dei pazienti portatori di un dispositivo cardiaco impiantabile (ILR, PM bicamerali o biventricolari, ICD bicamerali o biventricolari e più recentemente anche ICD monocamerali).

Non è noto con precisione quale sia la soglia di burden giornaliero di FA associata con il maggior incremento del rischio di ictus (elemento che sarebbe il driver decisionale per iniziare una terapia anticoagulante nei pazienti a rischio clinico così come indicato dagli score CHADS2 o CHA2DS2-VASc), tuttavia il progetto SOS AF (Stroke preventiOn Strategies based on Atrial Fibrillation information from implanted devices) [Boriani G, Eur Heart J 2014] rileva che la soglia di 1 ora di burden di FA giornaliera possa associarsi ad un più alto incremento del rischio di ictus.

Non esistendo studi conclusivi in grado di guidare la  decisione di iniziare una terapia anticoaugulante a seguito di pochi minuti di FA silente, ciò che deve guidare le nostre decisioni, è un approccio clinico paziente-centrico che si basi sulla stratificazione del rischio (score CHA2DS2-VASc).

Restiamo in attesa degli esiti dei due studi clinici controllati, attualmente in corso, che valutano l’effetto della terapia anticoagulante in pazienti con FA di durata inferiore a 24 ore rilevata da un dispositivo cardiaco permanente ( ARTESiA -Apixaban for the Reduction of Thrombo-Embolism in Patients With Device-Detected Sub-Clinical Atrial Fibrillation- e NOAH – Non-vitamin K Antagonist Oral Anticoagulant in Patients With Atrial High Rate Episodes).

Prevenzione secondaria delle recidive di ictus

Alla base di molti casi di ictus, apparentemente senza causa e per questo chiamati criptogenici, potrebbero esserci brevi periodi di fibrillazione atriale parossistica, che sfuggono alle tecniche di monitoraggio cardiaco intermittenti, quali Holter ECG. Per prevenire un futuro ictus tromboembolico, in caso di presenza di  fibrillazione atriale, non è sufficiente la terapia antiaggregante che viene prescritta di default a seguito di un evento ischemico; molto più efficacie in tal senso, per ridurre il rischio di incorrere in una recidiva, è invece la terapia anticoagulante [Hart RG, Ann Intern Med 2007; Connolly SJ, N Engl J Med 2011].

L’ictus criptogenico, che rappresenta il 20-40% di tutti i casi [Mozzafarian D, Circulation 2015], potrebbe in molti pazienti rivelare invece la sua vera natura e le sue cause, ma solo cercandole bene e con strumenti adatti.

È la conclusione alla quale giungono due studi pubblicati sul New England Journal of Medicine [Sanna T, N Engl J Med 2014; Gladstone DJ, N Engl J Med 2014] che sono alla base dell’attuale indicazione delle nuove linee guida ESC (classe IIa, livello di evidenza B) all’utilizzo del monitoraggio cardiaco prolungato per la ricerca della FA nei pazienti colpiti da ictus [Kirchhof P, Europace 2016].

Linee guida ESC fibrillazione atriale

Gli ILR sono in grado di monitorare il ritmo cardiaco del paziente continuamente per oltre 3 anni e, grazie al progresso tecnologico, le loro dimensioni attuali arrivano ad essere talmente minime che, in pochi minuti, il dispositivo viene “iniettato”, mediante una procedura ambulatoriale, con una speciale siringa appena sotto la pelle del paziente, lasciando un’incisione inferiore ad un centimetro. Il progresso tecnologico, oltre ad aver reso possibile oggi la miniaturizzazione di questa tecnologia, ha consentito di migliorare le performance diagnostiche degli ILR rendendoli ancora più affidabili nel diagnosticare episodi di FA parossistica indipendentemente dai sintomi, raggiungendo un’accuratezza del 99%, una sensibilità del 98% e  un valore predittivo negativo di 99%  [Sanders P, Heart Rhythm 2016].

Sebbene le linee guida ESC suggeriscano una strategia di monitoraggio cardiaco continuo a lungo termine nei pazienti colpiti da ictus in senso generico e non meglio specificato, ci sentiamo di sottolineare che le evidenze cliniche, alla base di tale indicazione, riguardano specificatamente i pazienti colpiti da ictus criptogenico; infatti i due grandi trial clinici a cui si fa riferimento nelle linee guida AF dell’ESC, sono lo studio CRYSTAL AF (Cryptogenic Stroke and Underlying AF) e lo studio EMBRACE (30-Day Cardiac Event Monitor Belt for Recording Atrial Fibrillation after a Cerebral Ischemic Event), i quali hanno indagato l’incidenza dell’FA in questa sotto categoria di pazienti. Sebbene con le proprie specificità, entrambi i trials concordano che il monitoraggio cardiaco prolungato è significativamente superiore al follow-up tradizionale (tecniche di monitoraggio cardiaco intermittenti a breve termine) per individuare la presenza di FA nei soggetti colpiti da ictus criptogenico [Sanna T,  N Engl J Med 2014; Gladstone DJ, N Engl J Med 2014].

È quindi ormai riconosciuto che il monitoraggio del ritmo cardiaco prolungato permette di svelare la presenza di eventuali aritmie sopraventricolari, instaurare tempestivamente la corretta terapia farmacologica per la prevenzione secondaria di ulteriori eventi tromboembolici e gestire al meglio il percorso di patologia, qualora brevi episodi di FA parossistica dovessero nel tempo evolvere verso forme di persistenza.

In conclusione l’FA rappresenta una delle più importanti cause prevenibili di recidiva di ictus, traducendosi quindi nella semplice, ma estremamente rilevante considerazione clinica, applicabile anche per la prevenzione primaria, che “mancare” la diagnosi di FA equivale a somministrare una terapia preventiva sub-ottimale per la prevenzione del rischio cardioembolico e delle sue recidive.

Molti sono gli ambiti di ricerca attualmente in corso, che ci si augura possano essere in grado di dare risposte concrete ai quesiti clinici di maggior interesse che restano tutt’ora grandi punti aperti:

– a seguito di un evento ischemico di origine sconosciuta, istituire da subito una profilassi anticoagulante, al posto della terapia antiaggregante, può dare un beneficio clinico in termini di prevenzione delle recidive ictali? La risposta a questa domanda è oggi l’oggetto della valutazione di ben 3 trials clinici, sponsorizzati dalle case farmaceutiche che hanno recentemente rilasciato sul mercato i nuovi anticoaugulanti orali; restiamo in attesa di conoscere i risultati degli studi “ESUS” in corso: RE-SPECT ESUS, NAVIGATE ESUS, ATTICUS.

– Come dobbiamo intervenire in caso di presenza di espressioni aritmiche sopraventricolari, non classificabili come FA, quali forme di FA subclinica? Maggiori evidenze a tal riguardo necessitano di essere ancora implementate; le linee guida suggeriscono di adottare una strategia molto attenta “wait and see”, in modo da poter cogliere tempestivamente la comparsa di una forma persistente di fibrillazione atriale e instaurare quindi per tempo la terapia anticoagulante.

– Alla luce delle recenti indicazioni derivanti dalle linee guida AF dell’ESC, come ci comportiamo realmente nella pratica clinica di fronte ad un paziente colpito da ictus criptogenico? Esistono modelli gestionali, diagnostici e terapeutici condivisi? Qual è l’impatto in termini di outcome clinici ed economici? Il neonato progetto ClinicalService Diagnostic “Focus on STROKE & AF” risponderà a tali interrogativi, basandosi sui dati che effettivamente emergono dalla pratica clinica dei centri, al fine di indagare gli aspetti diagnostici, gestionali, di outcome ed economici che nella quotidianità del real-world, a differenza dei trial randomizzati, ci troviamo ad affrontare.

– Il monitoraggio cardiaco continuo attraverso ILR può essere una strategia da intraprendere anche in pazienti colpiti da ictus ischemici ad eziologia nota, al fine di svelare possibili episodi asintomatici di FA e prevenire future recidive cardioemboliche? A questa domanda risponderà lo studio SAFFO, che si basa sul razionale che il paziente con ictus ischemico ha una malattia vascolare complessa ed è plausibile che possa sviluppare nel tempo una FA non solo clinicamente evidente, ma anche e più spesso silente. Identificare eventuali episodi di FA in questa popolazione potrebbe portare a modifiche sostanziali degli approcci terapeutici per la prevenzione tromboembolica secondaria e migliorare quindi l’outcome di molti pazienti colpiti da ictus ischemico.

Valeria Caso
Stroke Unit – Università di Perugia
Presidente European Stroke Organization (ESO)

Maurizio Lunati
Elettrofisiologia ed Elettrostimolazione Cardiaca – Ospedale Niguarda Ca’ Granda
EHRA Education Committee – European Society of Cardiology (ESC)

 

Con il supporto non condizionato di
Medtronic

Bibliografia

  • Kirchhof P, et al. 2016 ESC Guidelines for the management of atrial fibrillation developed in collaboration with EACTS: The Task Force for the management of atrial fibrillation of the European Society of Cardiology (ESC)Developed with the special contribution of the European Heart Rhythm Association (EHRA) of the ESCEndorsed by the European Stroke Organisation (ESO). Europace 2016 Aug 27. pii: euw295.
  • Benjamin EJ, et al. Impact of atrial fibrillation on the risk of death: the Framingham Heart Study. Circulation 1998; 98: 946-52.
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