Notizie e commenti

Il valore predittivo dello studio elettrofisiologico nel Brugada

Intervista a Pietro Delise, Casa di Cura Pederzoli, Peschiera del Garda (Verona)

La rivista Circulation ha pubblicato in anteprima online uno studio internazionale che ha visto la partecipazione di più Centri aritmologici italiani che vuole fare chiarezza sul valore prognostico dello studio elettrofisiologico endocavitario nei pazienti con Brugada (1). Perché questa necessità?
Lo studio si è posto l’obiettivo di fare chiarezza sulla utilità dello studio elettrofisiologico endocavitario (SEE) nei pazienti con pattern ECG di Brugada di tipo 1 senza storia pregressa di arresto cardiaco. Su questo punto in letteratura non è mai stata data una risposta definitiva.  Infatti, alcuni studi sostengono la sua utilità (2, 3, 4) mentre altri (5, 6), quali lo studio PRELUDE (7), la negano del tutto. Le stesse linee-guida internazionali non prendono una posizione netta affermando genericamente che il SEE può essere “preso in considerazione” nei casi di rischio dubbio. I motivi principali di questa discrepanza sono diversi: relativa scarsa numerosità della popolazione studiata, bassa incidenza di eventi nel follow up e, soprattutto, impiego di protocolli di stimolazione disomogenei. Lo stesso studio FINGER (6), che ha la maggiore numerosità di pazienti (circa 1000 casi provenienti da diversi centri), presenta il limite che i protocolli di stimolazione impiegati dai vari Centri avevano una aggressività variabile. È intuitivo che se un Centro impiega un protocollo poco aggressivo avrà un numero più elevato di SEE negativi (SEE-) rispetto a un altro Centro che invece impiega protocolli aggressivi. Pertanto la stessa tipologia di paziente studiato in Centri diversi potrebbe risultare con SEE- o SEE+ vanificando ogni tentativo di valutazione del valore prognostico del SEE stesso.

Qual è il punto di forza del vostro studio?
Lo studio ha messo insieme le casistiche dei maggiori studi al mondo, collezionando in totale 1312 pazienti ottenendo dai diversi autori il data base completo. In questo modo è stato possibile valutare il valore prognostico del SEE, tenendo conto anche dei diversi gradi di aggressività dei protocolli di stimolazione.

E qual è stato il risultato principale?
Il lavoro ha dimostrato che l’inducibilità di aritmie ventricolari sostenute con la stimolazione ventricolare (SEE+) ha un valore prognostico aumentando il rischio di eventi nel follow up. Tuttavia tale rischio è tanto maggiore quanto minore è l’aggressività necessaria per indurre l’aritmia. Ad esempio, a parità di condizioni cliniche, se l’aritmia ventricolare viene indotta con singolo o doppio extrastimolo, il rischio relativo (RR)  è del 3,34-3,45 mentre scende al 2,11 se viene indotta con il triplo extrastimolo (1).

Nella valutazione del rischio è più importante la clinica o il risultato del SEE?
Questo studio ha confermato su una vasta casistica che il rischio nel Brugada dipende innanzitutto dalla caratteristiche cliniche del paziente. In particolare sono a basso rischio i pazienti asintomatici, specie se all’ECG hanno un pattern di tipo 1 indotto da farmaco. Il rischio annuo è dell’1% nei pazienti asintomatici con tipo 1 spontaneo e scende allo 0,27% in quelli con tipo 1 indotto da farmaci.
Al contrario nei soggetti con sincope il rischio annuo è del 3,22% nel tipo 1 spontaneo e del 1,44% in quelli con tipo 1 indotto da farmaci. Come già detto, un SEE+ fornisce un rischio aggiuntivo;  viceversa, un SEE- riduce il rischio.

L’inducibilità di aritmie ventricolari con il SEE ha un significato diverso a seconda del tipo di paziente?
La risposta è affermativa. Infatti, come abbiamo visto, il rischio di eventi dipende essenzialmente dalle caratteristiche cliniche del paziente (presenza di tipo 1 spontaneo o indotto da farmaci, storia di sincopi o al contrario assenza di sintomi, ecc.). Ad esempio, in un paziente con sincope e tipo 1 spontaneo avere un SEE+ (con singolo o doppio extrastimolo)  comporta un aumento del rischio annuo dal 2,5% al 5,6% rispetto a un paziente che ha un SEE-. Viceversa in un soggetto asintomatico con tipo 1 indotto da farmaco, il SEE+ aumenta il rischio annuo dallo 0,45% (SEE-)  all’1,7%.

Uno studio eletrofisiologico positivo giustifica sempre l’impianto di un ICD?
In un recente lavoro del mio gruppo pubblicato su Heart Rhythm (8), in cui abbiamo raccolto una casistica policentrica di oltre 2000 casi, abbiamo calcolato che nel mondo si impianta l’ICD in circa 1/3 dei soggetti con pattern di Brugada tipo 1 senza pregressi episodi di arresto cardiaco. La cosa curiosa è che il fattore di rischio che ha più spesso influito sulla indicazione  all’impianto è stato un SEE+. Questo dato deve far riflettere perché il rischio reale nel Brugada non giustifica una politica così estensiva nell’uso dell’ICD.
Il SEE+ è un fattore di rischio ma non è l’unico o il più importante fattore di rischio.  Inoltre, non va dimenticato che lo SEE è spesso falsamente positivo nel Brugada. Nel lavoro appena pubblicato il SEE era positivo nel 40% dei casi (527 su 1312), un dato sovrapponibile a quello che pubblicammo anche noi nel 2011 su European Heart Journal (9). Ma soprattutto il suo valore predittivo positivo, preso a sé stante, è basso (circa il 10%) (8).  Pertanto, a mio parere, non si può decidere se impiantare l’ICD solo sulla base di un SEE+. Si impianterebbero troppi ICD inutilmente con ovvie ricadute negative sul benessere dei pazienti e sulla spesa sanitaria.

Lo studio elettrofisiologico va eseguito a tutti i soggetti con pattern di Brugada o solo in categorie particolari?
Su questo punto dovranno pronunciarsi le prossime linee-guida che certamente terranno conto di questo importante lavoro. Personalmente credo che il SEE possa essere risparmiato alle categorie a basso rischio: giovani, asintomatici, specie se con tipo 1 indotto da farmaci. Mentre può essere utile nelle categorie a rischio intermedio o con sintomi non chiari (sincope di natura non certamente cardiaca, ecc.). In questi ultimi casi il SEE può aiutare a stabilire meglio la prognosi dei pazienti, specie se l’inducibilità avviene con protocolli non aggressivi.  

Sarebbe auspicabile un’omogeneizzazione dei protocolli di stimolazione nei vari Centri?
Personalmente penso di sì, ma questo è compito delle società scientifiche.

Intervista a cura della Task force sito web AIAC
22 febbraio 2016

Bibliografia

  1. Sroubek J, Probst V., Mazzanti A, Delise P, et al. Programmed ventricular stimulation for risk stratification in the Brugada Syndrome. A pooled analysis. Circulation Published online before print January 21, 2016
  2. Brugada P, Brugada R, Mont L, et al. Natural history of Brugada syndrome: the prognostic value of programmed electrical stimulation of the heart. J Cardiovasc Electrophysiol 2003; 14: 455–7.
  3. Morita H, Kusano KF, Miura D, et al. Fragmented QRS as a marker of conduction abnormality and a predictor of prognosis of Brugada syndrome. Circulation 2008; 118: 1697–704.
  4. Giustetto C, Drago S, Demarchi PG, et al. Risk stratification of patients with Brugada type electrocardiogram: a community-based prospective study. Europace 2009; 11: 507–13.
  5. Eckardt L, Probst V, Smits JPP, et al. Long-term prognosis of individuals with right precordial ST-segment elevation Brugada syndrome. Circulation 2005; 111: 257–63.
  6. Probst V, Veltmann C, Eckardt L, et al. Long-Term Prognosis of Patients Diagnosed With Brugada Syndrome Results From the FINGER Brugada Syndrome Registry. Circulation 2010; 121: 635-43.
  7. Priori SG, Gasparini M, Napolitano C, et al. Risk Stratification in Brugada Syndrome. Results of the PRELUDE (PRogrammed ELectrical stimUlation preDictive valuE) Registry. J Am Coll Cardiol 2012; 59: 37-45.
  8. Delise P, Allocca G, Sitta N, Di Stefano P. Event rates and risk factors in patients with Brugada syndrome and no prior cardiac arrest: A cumulative analysis of the largest available studies distinguishing ICD-recorded fast ventricular arrhythmias and sudden death. Heart Rhythm 2014; 11: 252-8.
  9. Delise P, Allocca G, Marras E, et al. Risk stratification in individuals with the Brugada type 1 ECG pattern without previous cardiac arrest: usefulness of a combined clinical and electrophysiologic approach. Eur Heart J 2011; 32: 169-76.

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