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Linee guida ESC tra punti di forza e punti che fanno “ombra”

Intervista a Michele Brignole, Ospedali del Tigullio, Lavagna, (GE), chairman The Task Force on cardiac pacing and resynchronization therapy of the ESC. 

All’XI Congresso dell’AIAC è stata dedicata una sessione alle nuove linee-guida europee sul pacing e la terapia di resincronizzazione. Fondamentalmente cosa cambia rispetto alla precedente versione?
Sicuramente la principale differenza dalle linee-guida del 2007 è la classificazione innovativa delle bradiaritmie per la quale si è voluto cambiare il punto di vista da una prospettiva dell’accademico a quella dei medici quando visitano i loro pazienti. Le bradiaritmie sono sempre state classificate secondo l’eziologia, ad esempio disfunzione del nodo del seno, infarto del miocardio e blocco di branca. Ma questa impostazione presenta dei limiti nella pratica clinica quotidiana perché quello che i medici vedono con la lettura dell’elettrocardiogramma non è tanto l’eziologia ma piuttosto il meccanismo. Per questa ragione, in questa nuova edizione si è optato per una classificazione delle bradiaritmie in tre principali gruppi sulla base dei quadri di presentazione del paziente e quindi del meccanismo sottostante: bradicardia persistente, bradicardia intermittente con documentazione elettrocardiografica, e bradicardia intermittente sospetta ma non ancora documentata. Per ciascuna di queste situazioni vengono fornite delle indicazioni basate sulle evidenze.

Figura 1. Impianti di CRT per unità di milioni di abitanti in Europa (grafico a sinistra) e variabilità regionale (grafico a destra)
Figura 1. Impianti di CRT per unità di milioni di abitanti in Europa (grafico a sinistra) e variabilità regionale (grafico a destra)

Per quanto riguarda la terapia di resincronizzazione (CRT) ci sono delle novità?
Anche in questa sezione si è adottato un approccio più pragmatico; le indicazioni per la CRT si basano principalmente sulla presenza o assenza del blocco di branca sinistro. C’è da dire che la CRT è l’ambito più controverso trattandosi di una procedura relativamente giovane con molti studi clinici randomizzati già pubblicati e molti altri ancora in fase di conduzione. Inevitabilmente, ci sono ancora diverse aree con zone d’ombra che interessano pazienti con malattie meno severe. A fronte di questa incertezza, si è cercato di arrivare a dei compromessi ragionevoli quando era possibile e quando non lo era di dare visibilità alle opinioni divergenti. Nuove raccomandazioni sono state date per i pazienti con fibrillazione atriale che sono stati suddivisi in pazienti con indicazioni alla terapia CRT e in pazienti con indicazione all’ablazione, e per quanto riguarda l’upgrade o l’impianto de novo del dispositivo CRT in pazienti con indicazione convenzionale al pacing antibradicardico. Infine, per la prima volta, sono presenti delle indicazioni sulla scelta tra terapia di resincronizzazione cardiaca con pacemaker biventricolare (CRT-P) o con defibrillatore cardiaco impiantabile (CRT-D). Nessuna linee-guida aveva mai dato dei suggerimenti a tal riguardo.

Quali temi delle linee-guida sono stati maggiormente oggetto di dibattito o controversie in sede congressuale?
Sicuramente le indicazioni CRT soprattutto per i pazienti in ritmo sinusale. Infatti, non è ancora definitivamente chiarito in letteratura quali sottogruppi di pazienti beneficeranno di più e quali saranno a maggior rischio di essere non-responder. È probabile che le raccomandazioni all’impianto CRT subiranno nel prossimo futuro ulteriori cambiamenti non appena saranno disponibili i risultati di nuovi trial.

Figura 2. Impianti di pacemaker per unità di milioni di abitanti in Europa (grafico a sinistra) e variabilità regionale (grafico a destra)
Figura 2. Impianti di pacemaker per unità di milioni di abitanti in Europa (grafico a sinistra) e variabilità regionale (grafico a destra)

Nel tirare le somme quali sono i punti di forza di queste linee-guida europee? E quali i punti che fanno “ombra”?
Uno dei punti di forza di queste linee-guida è l’innovazione voluta nello stile allo scopo di fornire un supporto decisionale più pragmatico con indicazioni pratiche basate sulle evidenze e di facile consultazione. In generale, infatti, le linee-guida soffrono del problema di essere scritte da esperti e con un linguaggio per esperti, quando invece sono indirizzate ai cardiologi “comuni”. Inoltre, solitamente le linee-guida sono basate su criteri d’inclusione di pochi trial clinici randomizzati rilevanti che forniscono le evidenze di efficacia per una determinata diagnosi o terapia. Il risultato è che si producono raccomandazioni molto precise, ma non pragmatiche e quindi difficili da accordare alle condizioni cliniche di un particolare paziente con il quale il medico deve confrontarsi. Al fine di superare questi ostacoli e di ottenere uno strumento fruibile da coloro che per primi lo devono applicare, si è voluto semplificare il documento. Semplificare significa inevitabilmente perdere in precisione, tuttavia deve essere tenuto in considerazione che le linee-guida vogliono presentare delle raccomandazioni e non delle regole. Se lo scopo è dare un suggerimento, si può essere più generici affinché il suggerimento sia compreso dal medico e possa essergli d’aiuto al momento della scelta terapeutica per il proprio paziente. Per non rischiare inoltre di non essere sufficientemente generici, è stata introdotta per ciascuna raccomandazione una nuova voce chiamata “perspective” che spiega come applicare il suggerimento al setting clinico.

Come sono state gestite le aree di incertezza o dove le evidenze non sono solide?
La task force ha seguito delle regole internazionali su come scrivere le linee-guida, inclusa l’importanza di fare un bilancio di rischio e benefici. In generale si tende a essere troppo entusiasti, con il rischio di esaltare i benefici e ridurre i rischi. Per questa ragione abbiamo cercato di essere equilibrati e presentare entrambe le facce della medaglia, includendo anche il rischio di complicanze associato a determinate procedure. Inoltre, come già accennato, abbiamo voluto dare visibilità alle diverse opinioni degli esperti che non sempre sono unanimi: le indicazioni sono espresse di classe I quando le evidenze sono unanimemente accettate, di classe II quando c’è una divergenza di opinioni con un prevalenza nelle opinioni favorevoli o critiche, e di classe III è unanimemente accettata la “non indicazione”. Le linea-guida spiegano su quali punti e per quale ragione gli esperti sono in disaccordo tra loro. Per quanto riguarda quelle raccomandazioni non supportate da evidenze solide, abbiamo voluto introdurre la classificazione della qualità delle prove secondo la metodologia del Grading of Recommendations Assessment, Development and Evaluation (GRADE), con la specifica, ad esempio, che “ulteriori ricerche molto probabilmente non cambieranno la fiducia nella stima dell’effetto (qualità alta dell’evidenza) o che “ulteriori ricerche quasi certamente avranno un impatto nella fiducia della stima dell’effetto e molto probabilmente modificheranno le stime” (qualità bassa).

Un paio di take home message per i colleghi cardiologi…
In caso di pazienti con bradicardia, fare ogni sforzo per dimostrare una correlazione tra bradiaritmia e sintomi prima di imbarcarsi nel pacing permanente. Valutare criticamente vantaggi e svantaggi del pacing quando questa correlazione non può essere provata. Nei pazienti con scompenso cardiaco tenere in considerazione che i non-responder sono frequenti, dal 25% al 40% dei casi anche quando le indicazioni sono correttamente applicate. In generale, i pazienti troppo malati o i pazienti troppo in salute sono quelli che hanno meno di probabilità di beneficiarne.

Intervista a cura di Livia Costa

Bibliografia
2013 ESC Guidelines on cardiac pacing and cardiac resynchronization therapy. The Task Force on cardiac pacing and resynchronization therapy of the European Society of Cardiology (ESC). Developed in collaboration with the European Heart Rhythm Association (EHRA). Europace 2013, doi: 10.1093/europace/eut206

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Michele Brignole. Pacing cardiaco
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