Longevità dei dispositivi CRT-D
È italiana la più ampia casistica multicentrica pubblicata sull’incidenza di sostituzioni di defibrillatori biventricolari. Editoriale di Giovanni Morani, Ospedale Civile Maggiore di Borgo Trento di Verona, a nome degli Investigatori del “Longevity of CRT-D in current clinical practice: an analysis according to influencing factors, device generation, and manufacturer”.
Recentemente è stato pubblicato sulla versione online di Europace l’articolo “Longevity of CRT-D in current clinical practice: an analysis according to influencing factors, device generation, and manufacturer” (1). Il lavoro descrive i risultati di uno studio condotto in 9 centri italiani, per valutare l’incidenza di sostituzioni di defibrillatori biventricolari (CRT-D) per esaurimento della batteria ed indagare sui determinanti di scarica.
Cosa aggiungono di nuovo questi risultati ai dati già noti sulla longevità e largamente condivisi dalla comunità scientifica?
Le considerazioni sono più di una, e vorremmo condividerle con i lettori di Aiac.it e ragionare insieme sulle possibili implicazioni.
Alcune considerazioni generali
1. Come premesso, sull’importanza della longevità dei dispositivi cardiaci impiantabili vi è già una produzione scientifica ed un largo consenso nella comunità scientifica, e probabilmente non occorre dilungarsi (2). È dato assodato, dal punto di vista scientifico, e largamente condiviso che la procedura di sostituzione del dispositivo rappresenti un determinate prognostico indipendente per lo sviluppo di infezioni del device e dei cateteri (3). Dal punto di vista economico, la durata del dispositivo rappresenta il maggior determinante della costo-efficacia della terapia (4). Ultimo, ma non per importanza, nella prospettiva del paziente, una maggiore longevità rappresenta una caratteristica rilevante per un dispositivo impiantabile (5). Le precedenti considerazioni sono ancor più rilevanti nel caso della terapia resincronizzante con CRT-D, in cui i dispositivi presentano in genere una durata inferiore a causa della necessariamente elevata percentuale di stimolazione, talora associata a soglie ventricolari sinistre sub ottimali. La fragilità, inoltre, dei pazienti portatori di CRT-D, spesso con significative comorbidità, rende chiaramente preferibile ridurre il numero di procedure cui sottoporre il paziente (6).
2. Un primo punto da sottolineare è: come stimare la longevità dei dispositivi? Le stime di longevità derivano principalmente dalle proiezioni fornite dalle aziende e sono basate su test di scarica accelerata con parametri di stimolazione predeterminati. Le diverse modalità con cui vengono eseguiti i test spesso non consentono un confronto diretto tra le varie ditte produttrici. Solo dopo alcuni anni dall’introduzione di un nuovo dispositivo è possibile ottenere informazioni sulle prestazioni effettive, tramite i report forniti dalle aziende e basati sui prodotti espiantati, o tramite studi indipendenti appositamente condotti. Questi ultimi sono utili per avere una fotografia della pratica clinica e in passato hanno permesso di evidenziare differenze significative di longevità tra tipologie, generazioni di dispositivi, e aziende produttrici (2). Talvolta hanno permesso di rilevare valori di longevità effettiva inferiori alle soglie ritenute accettabili per la costo-efficacia della terapia (4) e ad oggi certamente inferiori all’aspettativa di vita dei pazienti trattati (7).
Cosa aggiunge il recente articolo?
1. Innanzitutto rappresenta il primo studio multicentrico per la valutazione della longevità dei defibrillatori.
2. Lo studio ha arruolato 1726 pazienti impiantati consecutivamente presso i centri partecipanti, rappresentando ad oggi la più ampia casistica pubblicata di dispositivi CRT-D, con il follow-up più lungo. I casi in analisi inoltre rappresentano circa il 20% di tutte le procedure effettuate in Italia nel periodo di osservazione (8, 9), costituendone quindi un campione rappresentativo.
3. Lo studio ha incluso dispositivi impiantati dal 2008 al 2010, caratterizzati da soluzioni tecnologiche recenti e disponibili nei CRT-D attualmente in commercio. I risultati sono quindi sicuramente attuali.
Quali sono i risultati e come possiamo interpretarli?
La prima osservazione riguarda l’incidenza di sostituzioni per esaurimento della batteria. I dati mostrano come, nonostante l’evoluzione tecnologica, circa la metà dei dispositivi CRT-D abbia richiesto sostituzione entro 5 anni dall’impianto. I risultati sono quindi ancora al di sotto delle aspettative e non corrispondono agli auspici di circa un decennio fa di “vedere presto un defibrillatore che duri una vita” (7).
Il secondo punto riguarda la direzione dell’evoluzione tecnologica, da una parte certamente volta a migliorare la tecnologia delle batterie per aumentare la longevità, dall’altra all’implementazione di software sempre più sofisticati che consentano una migliore gestione terapeutica e, nelle versioni più recenti, una aumentata efficienza energetica del sistema.
Lo studio, inoltre, confrontando le prestazioni dei dispositivi recenti delle maggiori aziende in analisi, dà una misura dell’impatto delle singole soluzioni tecnologiche sulla longevità effettiva. Il confronto diretto dei dispositivi CRT-D più moderni mostra infatti una longevità a 5 anni dall’impianto di 52% per Medtronic, 75% per St. Jude Medical e 88% per Boston Scientific.
Per i dispositivi più moderni, lo studio evidenzia come la tecnologia delle batterie e il dispendio energetico, essenzialmente legato alle elevate energie di uscita per il pacing ventricolare sinistro, siano variabili fondamentali per la longevità. Batterie ad alta capacità, come quelle al litio e diossido di manganese, e algoritmi che permettono di ottimizzare l’energia di uscita per la stimolazione del ventricolo sinistro possono quindi risultare importanti per garantire una maggiore longevità. Altre variabili (per esempio, gli shock erogati, il pacing nelle altre camere cardiache) non sembrano avere, nella vita reale, impatto significativo sulla durata del dispositivo.
Alcune riflessioni finali
La considerazione finale è più generale e non riguarda esclusivamente i dispositivi in studio. Uno dei ruoli delle aziende produttrici di dispositivi cardiaci è quello di offrire soluzioni sempre più efficaci per la gestione dei nostri pazienti, e, nel contesto più specifico, anche energeticamente efficienti. Uno dei ruoli di noi clinici è chiaramente quello di scegliere consapevolmente la migliore soluzione terapeutica. Nel dedalo di nuove proposte, frutto della continua innovazione tecnologica e della concorrenza industriale, dovremmo soppesare adeguatamente e distinguere ciò che ha già dimostrato una efficacia clinica nell’ambito di studi controllati da ciò che ancora necessita di adeguata validazione, e incentivare studi indipendenti volti a verificarne la bontà.
Ogni nuova soluzione tecnologica, nata sotto le migliori intenzioni e i migliori auspici, necessita di adeguata validazione scientifica nell’ambito di sperimentazioni controllate prima di una estesa applicazione clinica che comunque non dovrebbe mai essere acritica.
Lo sforzo condiviso con tutti i co-autori del lavoro qui presentato, vuole essere un tentativo di percorrere questa strada, e per questo mi sento di ringraziarli per la loro preziosa e illuminante collaborazione.
Bibliografia
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