Notizie e commenti

Report del sondaggio sulla formazione elettrofisiologia ed elettrostimolazione

La Survey dell’AIAC Giovani condotta on-line nel periodo di giugno-settembre 2013 ha avuto l’obiettivo di fotografare quale sia la realtà italiana dei percorsi formativi in elettrofisiologia e elettrostimolazione sia nei policlinici universitari, durante la scuola di specializzazione in cardiologia, sia poi sul territorio nell’attività ospedaliera quotidiana. Inoltre, abbiamo cercato di far emergere quale fosse la percezione sulle difficoltà incontrate nell’intero arco del percorso formativo in ognuna delle due discipline e in relazione alle diverse epoche storiche, considerando che la Survey era aperta ai colleghi di tutte l’età.

Risultati

Hanno partecipato alla Survey 72 colleghi, di cui il 46% di età compresa tra i 30 e i 40 anni, il 16% tra i 40 e i 50 anni, il 24% oltre i 50 anni e solo l’8% sotto i 30 anni, ad ulteriore conferma di come in Italia la “competence” e la partecipazione attiva nell’ambito dell’ elettrofisiologia siano un traguardo che raramente si raggiunge prima dei 30 anni di età.

Altro dato di rilievo è il 75% di colleghi di sesso maschile e solo il 25% di sesso femminile, dato questo che seppur confermando la nota prevalenza maschile nel mondo dell’elettrofisiologia rivela comunque una leggera inversione di tendenza rispetto ai dati evidenziati in una recente Survey, pubblicata sul sito AIAC, dove si segnalava una presenza femminile nel 10 % dei cardiologi interventisti negli Stati Uniti.

Rispetto alla distribuzione geografica dei medici che hanno risposto alla Survey il dato è purtroppo disomogeneo, escludendo completamente alcune regioni (Valle d’Aosta, Basilicata, Trentino-Alto Adige, Calabria e Molise) e vedendone altre solo minimamente rappresentate (Umbria, Puglia, Marche, Campania e Abruzzo), quindi rappresentando solo poco piu’ della meta’delle regioni italiane.

Per una corretta interpretazione dei risultati è importante sottolineare come l’86% dei partecipanti siano già specialisti in cardiologia e solo l’11% specializzandi, mostrandoci quindi un quadro tendenzialmente indicativo della realtà di chi è già fuoriuscito dal percorso formativo universitario, con quasi la metà dei partecipanti che ha dichiarato di dedicarsi all’elettrofisiologia da oltre 10 anni.

Coerentemente con questi dati, la maggior parte degli intervistati ha dichiarato di aver iniziato a formazione in elettrofisiologia durante la scuola di specializzazione, ma è particolarmente interessante il dato relativo al 22% di colleghi che hanno iniziato invece il percorso formativo durante la loro attività ospedaliera come strutturati in una divisione di cardiologia. Una percentuale così significativa di cardiologi, che si sono dedicati alla formazione in elettrofisiologia o elettrostimolazione durante il loro servizio attivo in ospedale, anche considerando la cronica carenza di personale nelle nostre corsie, è indicativa di un significativo fabbisogno di personale specialistico dedicato e conseguentemente del ruolo sempre più preponderante dell’aritmologia nelle nostre divisioni di cardiologia. Ben il 64%, infatti, di questi colleghi ha dichiarato di aver iniziato l’addestramento, in affiancamento ad un collega esperto, mentre era assegnato e strutturato ad altre unità operative. Nella maggior parte dei casi, inoltre, l’addestramento era costituito da un training di almeno 10 ore al mese che appare anch’esso un dato molto significativo, considerando l’afferenza da altre unità operative.

Entrando nel merito delle attività svolte durante l’addestramento (domande 9-12) si evince come l’elettrostimolazione rappresenti la branca alla quale la maggioranza degli intervistati ha dichiarato di aver dedicato il maggior numero di ore mensili, seguita a ruota dall’aritmologia clinica. Dati questi che, considerando l’eterogeneità del nostro campione (policlinici universitari, ospedali di I e II livello, etc…), rivelano indirettamente una prevalenza di queste discipline tra le priorità assistenziali per la gestione e cura delle aritmie nel territorio nazionale.

Invece, il relativo numero ridotto di ore mensili dedicato ai controlli ambulatoriali o in remoto dei devices è un dato di difficile interpretazione anche perché entrano in gioco diverse variabili organizzative proprie degli ambulatori di controllo pacemaker esistenti nei vari centri (ruolo dei tecnici, infermieri, personale delle aziende, probabile training eseguito durante la stessa attività di sala, etc…)

In merito alle modalità della formazionmodalità della formazione, come era ovvio aspettarsi, la quasi totalità dei partecipanti al sondaggio ha dichiarato di aver avuto a disposizione un tutor, figura questa che nella maggior parte dei casi è stata definita come di importanza rilevante o estremamente rilevante, mentre solo in un 10% circa delle risposte viene indicata di scarsa o nessuna rilevanza.

Il 61% del campione ha dichiarato di aver trascorso un periodo di almeno 3 mesi in un’altra struttura per proseguire o completare la formazione con riferimento prevalentemente al training in elettrofisiologia. Anche questo dato è coerente con la fotografia dell’attuale organizzazione assistenziale nazionale che vede l’elettrofisiologia concentrata maggiormente in centri di riferimento e l’elettrostimolazione diffusa più capillarmente sul territorio.

Dalle risposte alla domanda sul ruolo dei corsi di formazione organizzati dalle aziende emerge il ruolo rilevante che quest’ultime hanno nel training dei neo-specialisti. Un dato, quest’ultimo che merita particolare attenzione in uno scenario futuro di potenziali tagli finanziari agli investimenti da parte delle stesse aziende, a seguito della crisi economica globale e del settore in particolare.
Entrando nel merito della qualità della formazione ricevuta, la maggioranza degli intervistati ha dichiarato di aver percepito un livello di competizione tra i “fellows” da moderato a intenso, un dato questo che a nostro avviso va interpretato tutt’altro che negativamente. Un grado di competizione medio-alto rappresenta, infatti, il segnale del raggiungimento di un livello generale di professionalità estremamente elevato, caratterizzato dalla costante volontà di migliorarsi e che rivela ulteriormente l’importanza e la specificità che hanno raggiunto oggi l’elettrofisiologia e l’elettrostimolazione nell’ambito della medicina.

Riguardo al giudizio sulla qualità dell’insegnamento ricevuto, il 25% dei partecipanti al sondaggio ha giudicato non sufficiente la formazione teorica e il 18% quella pratica. Da sottolineare come nella maggior parte di casi chi aveva giudicato negativamente la formazione teorica ha giudicato negativamente anche quella pratica. Questo dato suggerisce un probabile deficit qualitativo specifico di alcuni singoli centri e non da riferire alla qualità generale delle scuole italiane.

Sulla base delle risposte fornite alla domanda “cosa vorresti cambiare nel processo formativo per aumentare l’accessibilità e la qualità del training in elettrofisiologia e elettrostimolazione?”, le indicazioni riferite dagli intervistati, sono state univoche nella direzione della creazione di percorsi formativi standardizzati, da effettuare in centri di riferimento selezionati sul territorio nazionale in base alla distribuzione geografica e soprattutto ad un adeguato volume di procedure, con un limite massimo di “fellows” per evitare problemi di sovraffollamento e con dei tutor formalmente incaricati e adeguatamente riconosciuti e retribuiti.

Viene ribadita più volte la necessità di prevedere programmi formativi codificati, diversi per l’elettrofisiologia e l’elettrostimolazione, con una maggior attenzione alla pratica rispetto alla teoria, percorribili sia da specializzandi che da strutturati in formazione, che prevedano anche eventuali periodi di training all’estero.

Conclusioni

Dai risultati di questa Survey si disegna uno scenario della formazione in elettrofisiologia ed elettrostimolazione in Italia, ancora molto variegato e disomogeneo, con un livello medio indubbiamente alto ma che ha come fondamenta dei modelli organizzativi locali, non standardizzati e che nella quasi totalità dei casi non prevedono alcuna verifica dei risultati ottenuti.
Una formazione di questa natura è di conseguenza una formazione che poggia le sue basi su iniziativa, disponibilità e attitudini del singolo, sia esso tutor o “fellow”, e non su un programma condiviso e codificato. Nell’ottica, quindi, di formare degli elettrofisiologi o elettrostimolatori italiani che siano sempre più competitivi in Europa e nel mondo, emerge quindi chiara l’esigenza, sulla scia di quanto già intrapreso dall’AIAC e dall’EHRA, di codificare dei percorsi formativi obbligatori che abbiano come traguardo finale una certificazione ufficiale che possa essere garanzia di una “competence” specifica e reale.

Luca Santini e Laura Vitali Serdoz
AIAC Giovani

I risultati di altri sondaggi dell’AIAC

– Report del sondaggio sulla programmazione dei defibrillatori impiantabili
– Report del sondaggio sulla programmazione dei pacemaker
– Report del sondaggio sui device MRI conditional
– Report del sondaggio sull’impianto di defibrillatori sottocutanei
Report del sondaggio sulla stimolazione ventricolare da siti alternativi
– Report del sondaggio sull’utilizzo di dronedarone nella fibrillazione atriale
– Report del sondaggio sull’utilizzo della terapia anticoagulante orale

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