Report del sondaggio sulla programmazione dei pacemaker
Cari colleghi, il sondaggio sulle modalità di programmazione dei pacemaker, che si è chiuso a febbraio ultimo scorso, è stato indubbiamente il sondaggio che ha riscosso più successo nella storia del sito AIAC.it, raggiungendo il record assoluto di 199 risponditori nel breve periodo in cui è rimasto online. È d’obbligo quindi innanzitutto ringraziare tutti voi per aver aderito in cosi tanti alla survey.
L’idea di un sondaggio di questo tipo, pur con tutti i limiti di una survey on line, è nata sulla base dei recenti dati della letteratura, confermati dallo studio OPTI-MIND, che dimostrano come la tecnologia del pacemaker sia sottoutilizzata in circa la metà dei pazienti che ricevono l’impianto.
L’obiettivo della nostra indagine è stato dunque proprio verificare in quale misura e secondo quali criteri, nella pratica clinica corrente, vengono utilizzate o meno le diverse funzioni e algoritmi disponibili nei moderni pacemaker e, in particolare, quanto sono applicate le linee guida per il pacing fisiologico.
Vediamo dunque insieme i risultati principali derivati dall’analisi delle risposte registrate.
I partecipanti
Come spesso riportato nei nostri sondaggi circa il 50% dei partecipanti appartiene a centri del nord, mentre equamente distribuita è stata la percentuale di partecipazione di colleghi del centro e del sud (circa 25 % ciascuno).
Nel quasi 90% dei casi i risponditori appartengono a centri a medio/alto volume con oltre 100 impianti/anno.
La stragrande maggioranza sono colleghi che svolgono un’attività quotidiana nella sala di elettrostimolazione; solo il 17% dei partecipanti invece, è costituito da aritmologi clinici coinvolti principalmente nell’attività di follow up dei device impiantabili. Dato questo che è coerente con il riscontro che più della metà delle programmazioni dei pacemaker impiantati avviene in sala operatoria a fine procedura; nel 78% dei casi da parte dallo stesso medico che ha eseguito l’impianto, solo nel 5% dei casi dall’infermiere di sala.
La programmazione pacemaker
Come era prevedibile, trattandosi di pacemaker e non di defibrillatori, solo nell’1% dei casi tale compito è affidato all’ingegnere che è comunque presente in sala solo nel 4% degli impianti. Va comunque segnalato che esiste un’ampia fetta di pazienti in cui il pacemaker è lasciato in modalità nominale dopo l’impianto e programmato soltanto prima della dimissione (30%) o addirittura al primo controllo ambulatoriale (18%). Nel 2% dei casi infine, il pacemaker non viene programmato affatto.
Riguardo al tipo di programmazione effettuata, nella quasi totalità dei casi viene effettuata una programmazione personalizzata sul paziente, che nel 85% dei casi viene eseguita
tenendo conto sia dell’indicazione clinica che dell’ottimizzazione dei parametri elettrici e del risparmio della batteria. In particolare i parametri basali (low rate, high rate, uscite di stimolazione, sensibilità, ritardo AV,periodi refrattari, blanking, modalità di stimolazione, AMS, ecc.) vengono modificati rispetto alla programmazione nominale in oltre il 60% dei casi.
Anche gli algoritmi automatici, quando disponibili (cattura automatica/sensibilità automatica) vengono quasi sempre attivati da oltre il 60% dei colleghi e nella maggior parte dei casi (68%) l’attivazione avviene al controllo di follow up dopo aver verificato la stabilità dei parametri elettrici. Il motivo principale che comporta la mancata attivazione degli algoritmi di autocattura è il riscontro di una soglia di stimolazione elevata; è sorprendente che per un 10% di risponditori il motivo della mancata attivazione è rappresentato invece dalla presenza di un paziente PMK-dipendente, considerato che proprio in questi pazienti l’autocattura garantisce un profilo di sicurezza maggiore.
Sicuramente più alto è l’apprezzamento per gli algoritmi automatici di minimizzazione del pacing ventricolare destro (AAI con VVI di backup, isteresi sul ritardo AV, ritardo AV dinamico), che vengono attivati quasi sistematicamente dal 77% dei colleghi.
Di contro va sottolineato la pessima performance dei sensori accelerometrico o miscelati (accelerometrico + ventilazione minuto) che nonostante siano forse gli accessori più consolidati e antichi dei moderni pacemaker, seppure disponibili, non vengono mai attivati o lo sono raramente, in un paziente su 3.
Ancor più raro è il ricorso agli algoritmi per la syncope management, evidentemente utilizzati solo nei pazienti soggetti a episodi di sincope neuromediata.
Merita particolare attenzione l’analisi dei dati relativi alle risposte sugli algoritmi di prevenzione o terapia delle aritmie atriali. Infatti, sia per gli algoritmi di prevenzione e ancor di più per l’ATP atriale, la larga maggioranza (60-70% rispettivamente) dei risponditori dichiara di non attivarli mai o al massimo nel 25% dei casi. Considerato l’elevata di incidenza di fibrillazione atriale e di aritmie atriali in questi pazienti, questo dato rivela una scarsa fiducia nell’efficacia degli algoritmi di prevenzione o delle terapie atriali.
Molto più equilibrato è il dato sull’attivazione dei sensori clinici (accumulo fluidi per monitorare lo scompenso o il sensore respiratorio per il monitoraggio delle apnee notturne). I risponditori infatti si distribuiscono in maniera omogenea tra chi non li attiva mai o raramente, chi sistematicamente o quasi sempre e chi solo in circa la metà dei casi.
Dalle risposte alla domanda 17 possiamo trarre un ritratto verosimile invece dello stato dell’arte del controllo remoto dei pacemaker. Probabilmente a causa delle limitazioni economiche e gestionali solo il 25% dei colleghi infatti dichiara di fornire ai pazienti portatori di pacemaker un sistema di controllo remoto in più del 75% dei casi.
Programmazione pacemaker biventricolari
Le risposte relative alla programmazione dei pacemaker biventricolari ci rivelano uno scenario significativamente diverso rispetto a quello delineato per i pacemaker mono o bicamerali e forse più vicino a quello che troveremo alla fine del sondaggio attualmente on line sulla programmazione dei defibrillatori.
Molto più alta è infatti la percentuale di pacemaker biventricolari programmati direttamente in sala operatoria rispetto ai pacemaker convenzionali (circa l’ 85%), coerentemente con il dato di oltre il 90% di casi in cui è presente durante la procedure l’ingegnere dell’azienda fornitrice che in più della metà dei casi è anche colui che, con i suoi suggerimenti, determina la programmazione finale del device. Le configurazioni per il pacing ventricolare sinistro sono il parametro più spesso modificato nella programmazione e anche quello in cui il ruolo dell’ingegnere è prevalente.
Anche il dato relativo all’attivazione dei sensori clinici è comprensibilmente più elevato nei pacemaker biventricolari con un 64% di risponditori che li attivano in quasi tutti i pazienti.
Cosi come maggiore, sebbene ancora inferiore al 50%, è la percentuale di casi in cui viene associato al dispositivo di resincronizzazione CRT-P, un sistema per il controllo remoto.
Conclusioni
Questa survey ci permette di fare una fotografia molto reale delle dinamiche decisionali e operative in essere presso i laboratori italiani in merito ai ruoli delle varie figure professionali, tempi e modalità della programmazione dei pacemaker impiantati nei nostri pazienti.
Ne viene fuori un quadro decisamente in controtendenza rispetto ai dati dello studio internazionale OPTI-MIND, che riportavano come un 80% circa dei device restano programmati alle impostazioni nominali di fabbrica, mentre solo il 12% dei pacemaker viene riprogrammato a un follow up a lungo termine. Dai risultati del nostro sondaggio emerge invece, come nei centri italiani le modifiche alla programmazione nominale dei pacemaker avvengano di routine e in modo personalizzato per ogni paziente. La realtà italiana sembra dunque più evoluta e in grado di sfruttare meglio l’evoluzione tecnologica cui sono andati incontro negli ultimi anni i pacemaker, garantendo quindi ai pazienti una programmazione personalizzata basata sulle indicazioni all’impianto e sulle caratteristiche cliniche del singolo individuo.
In generale gli aritmologi italiani dimostrano una notevole apertura alle funzioni più complesse dei moderni pacemaker, con un profilo complessivo di programmazione dei device altamente sofisticato e aggiornato. Ciò nonostante, anche nel nostro sondaggio, residua in una minoranza non trascurabile di colleghi, un generico scetticismo sull’utilità di alcuni algoritmi automatici o di alcune funzioni diagnostiche e terapeutiche. Probabilmente il dato deriva da un sano senso critico verso delle innovazioni tecnologiche che molto spesso si rilevano semplici gadget, anche se non si può totalmente escludere che in qualche caso invece la ragione sia una scarsa conoscenza della funzione o algoritmo specifico.
È anche interessante notare come ci sia un maggior utilizzo di quelle funzionalità e algoritmi complessi (vedi algoritmi automatici di minimizzazione del pacing ventricolare destro) che essendo più recenti e attuali sono ovviamente più spesso al centro di studi clinici o di dibattiti scientifici, rispetto a funzionalità ormai consolidate come i sensori rate responsive. È un dato questo che conferma la stretto e virtuoso rapporto tra evidenze scientifiche e pratica clinica che indubbiamente caratterizza l’Aritmologia italiana.
Nota stonata, ma prevedibile, è il complessivo sottoutilizzo del controllo remoto nei pazienti portatori di pacemaker, ovviamente giustificato da ben note problematiche economiche e gestionali, e che appare forse l’elemento su cui vale la pena concentrare gli sforzi di tutti gli operatori del settore per arrivare ad una maggior diffusione che sarebbe garanzia di qualità, efficienza e risparmio di risorse.
Da sottolineare, infine, il ruolo significativo degli ingegneri certificati dalle aziende, durante gli impianti di pacemaker biventricolari. Le risposte alle domande relative al livello del loro coinvolgimento nella scelta della programmazione di questi dispositivi, lasciano presagire risultati simili o ancor più eclatanti nel sondaggio attualmente on line sulla programmazione dei defibrillatori, al quale invito tutti voi a rispondere.
I risultati di altri sondaggi dell’AIAC
– Report del sondaggio sulla programmazione dei defibrillatori impiantabili
– Report del sondaggio sui device MRI conditional
– Report del sondaggio sull’impianto di defibrillatori sottocutanei
– Report del sondaggio sulla formazione elettrofisiologia ed elettrostimolazione
– Report del sondaggio sulla stimolazione ventricolare da siti alternativi
– Report del sondaggio sull’utilizzo di dronedarone nella fibrillazione atriale
– Report del sondaggio sull’utilizzo della terapia anticoagulante orale