Complicanze post impianto
Uno studio di coorte danese pubblicato su European Heart Journal, evidenzia che le complicanze post impianto di dispositivi elettronici – ICD, pacemaker e CRT – sono più frequenti di quanto stimato da precedenti studi. Tra i fattori predittivi di rischio il volume procedurale dei centri.
Le complicanze post impianto di dispositivi elettronici cardiaci comportano una più alta morbilità del paziente e anche mortalità, oltre che maggiori costi sociosanitari. A fronte di una crescita di impianti di device elettrici cardiaci si rende quindi necessario individuare i fattori di rischio di complicanze.
Tuttavia, le evidenze ad oggi disponibili sulle complicanze post impianto provengono principalmente da analisi primarie o secondarie di trial randomizzati strettamente controllati, studi osservazionali sul singolo centro o basati sui registri. Fondamentalmente per valutare la qualità delle procedure di impianti di device cardiaci e identificare i pazienti a maggior rischio di complicanze mancano dati esaurienti sulle complicanze, basati su popolazioni non selezionate del mondo reale.
In questa area grigia della letteratura prende posto uno studio di coorte nazionale, pubblicato online sull’European Heart Journal, che in un ampio campione di pazienti consecutivi ha esaminato numero e tipologia delle complicanze nei sei mesi successi all’impianto di ICD, pacemaker e device per terapia di resincronizzazione (CRT) e ha valutato le caratteristiche cliniche e del centro.
Lo studio
Condotto da Rikke Esberg Kirkfeldt dell’Aarhus University Hospital (Danimarca) lo studio ha incluso 5918 pazienti consecutivi che da maggio 2010 all’aprile 2011 sono stati sottoposti a un impianto di device cardiaco elettronico. Analisi statistica dei dati ha evidenziato che hanno avuto delle complicanze 562 pazienti, che corrispondono al 9,5% della popolazione esaminata. Una percentuale nettamente superiore a quelle riportate in letteratura che variano dal 5 al 6%.
Sono risultati a maggior rischio di complicanze i pazienti sottoposti a revisione del catetere, principalmente come conseguenza di infezioni e revisioni della tasca per la presenza di dolore. Le complicanze maggiori hanno interessato il 5,6% dei pazienti impianti. Di queste le più frequenti sono state le complicanze che richiedevano un nuovo intervento sul catetere (2,4%).
Un’analisi di genere ha evidenziato che le donne rispetto agli uomini hanno una più alta probabilità di avere delle complicanze (2,2 versus 1,1%, P = 0,02) e presentano un maggior rischio di pneumotorace o perforazione cardiaca (1,1 versus 0,4%, P < 0,001). Inoltre, il rischio di pneumotorace e di ematomi minori è risultato significativamente maggiore nei pazienti sottopeso (4,9 versus 2,3%, P = 0,001). Le complicanze sono risultate più frequenti dopo impianto di ICD bicamerali e device per la terapia di resincronizzazione rispetto all’impianto di pacemaker bicamerali (dual-chamber ICD: 3,6 versus 2,3%, P = 0,001; CRT-D: 4,7 versus 2,3%, P = 0,001).
Altri fattori predittivi di complicanze riguardano la struttura del centro e l’esperienza dell’operatore. Lo studio danese ha infatti evidenziato un rischio più alto nei centri con un basso volume procedurale. In aggiunta quando gli operatori eseguono meno di 50 procedure in un anno cresce in modo significativo il rischio di perforazione cardiaca (1,4 versus 0,5%, P = 0,04), infezioni (1,7 versus 0,5%, P = 0,02) ed ematomi minori (4,3 versus 1,9%, P = 0,005). Sono inoltre associati a un più alto rischio di perforazione cardiaca gli impianti eseguiti in emergenza e procedure fuori orario (2,3 versus 0,6%, P = 0,003).
Conclusioni
In sintesi, i risultati di questo studio di coorte danese evidenziano che le complicanze post impianto sono più frequenti dell’atteso. I fattori predittivi individuati, concludono Kirkfeldt e colleghi, potrebbero servire nella pratica clinica per identificare quei pazienti potenzialmente a maggior rischio di complicanze post impianto. Inoltre suggeriscono che, per garantire una maggiore sicurezza del paziente, la soglia minima accettabile dell’attività degli operatori sanitari dovrebbe essere di 50 impianti all’anno.
Bibliografia
Kirkfeldt RE, Joahansen JB, Nohr EA, et al. Complications after cardiac implantable electronic device implantations: an analysis of a complete, nationwide cohort in Denmark. Eur Heart J First published online: December 17, 2013