Displasia aritmogena del ventricolo destro: lo studio elettrofisiologico e la stratificazione del rischio
Una ricerca svizzera pubblicata sull’American Journal of Cardiology conclude che l’inducibilità di tachicardie ventricolari monomorfe sostenute e una compliance inadeguata alla terapia sono dei predittori di eventi avversi a lungo termine nei pazienti con displasia aritmogena del ventricolo destro.
Il ruolo dello studio elettrofisiologico per la stratificazione del rischio dei pazienti con displasia aritmogena del ventricolo destro e la predittività di futuri eventi avversi è ancora controverso in Aritmologia. Diverse sono le ragioni: l’eterogeneità dei metodi di studio, i differenti protocolli di studio elettrofisiologico adottati nei centri, la variabilità delle dimensioni di campione e delle diverse indicazioni locali per l’impianto di un defibrillatore.
Nell’ambito del Zurich Arrhythmogenic Right Ventricular Cardiomyopathy Program è stato condotto uno studio ad hoc per definire il valore dell’inducibilità di tachicardia ventricolare sostenuta monomorfa (TVSM) durante lo studio elettrofisiologico, per predire nei pazienti con displasia aritmogena del ventricolo destro una serie di outcome avversi (morte cardiaca, trapianto di cuore, morte cardiaca improvvisa, fibrillazione ventricolare, tachicardia ventricolare con compromissione emodinamica e sincope). A firma di Ardan Saguner e colleghi della Clinica cardiologica dell’Ospedale universitario Zurigo e biostatistici dell’Università di Zurigo, lo studio è stato pubblicato a metà gennaio sull’American Journal of Cardiology.
Lo studio
Sono stati arruolati 62 pazienti del centro di cura terziaria di Zurigo con diagnosi di ARVD secondo i criteri della 2011 Revised Task Force che erano stati sottoposti allo studio elettrofisiologico di routine nella gestione clinica e successivamente seguiti per un periodo superiore ai tre mesi; 44 con diagnosi definitiva di displasia aritmogena del ventricolo destro e 18 con diagnosi bordeline. Nel corso di un follow-up mediano di 9,8 anni, 30 pazienti (48%) hanno presentato un evento avverso.
Durante lo studio elettrofisiologico era stata indotta una tachicardia ventricolare in 46 pazienti (74%). La TVMS è stata indotta in 34 pazienti (55%), dei quali 22 (65%) hanno presentato un evento avverso. Al contrario la TVMS non era stata indotta in 28 pazienti e di questi solo 8 (29%) hanno presentato un evento avverso. L’analisi della curva Kaplan-Meier ha mostrato un beneficio di sopravvivenza libera da eventi avversi per i pazienti senza inducibilita’ di TVMS (log-rank p = 0,008) con una sopravvivenza cumulativa dopo 10 anni del 72% nel gruppo senza indicibilita’ di TVMS (intervallo di confidenza al 95% [CI] 56% al 92%) e del 26% nell’altro gruppo (95% CI 14% al 50%).
L’analisi univariata di regressione di Cox ha rilevato un’associazione statisticamente significativa tra un outcome avverso e l’inducibilità di una TVMS durante lo studio elettrofisiologico (hazard ratio [HR] 2,99, 95% CI 1,23-7,27; p = 0,016),la non aderenza alla terapia aritmica in corso e la restrizione da esercizio massimale (HR 2,74, 95% CI 1,3-5,77; p = 0,008), l’insufficienza cardiaca con classe funzionale NYHA II e III (HR 2.25, 95% CI 1,04-4,87; p = 0,038). Anche in analisi multivariate, l’inducibilità di TVMS (HR 2,52, 95% CI 1,03-6,16, p=0,043) e una non compliance (HR 2,34, 95% CI 1,1-4,99, p = 0,028) restavano predittori significativi.
Conclusioni
Questo studio osservazionale a lungo termine suggerisce che l’inducibilità di TVMS durante lo studio elettrocardiografico è un predittore di eventi avversi nei pazienti con displasia aritmogena del ventricolo destro. Un altro importante risultato, sottolineano gli autori, è che anche la non-compliance alla terapia antiaritmica e la restrizione da esercizio massimale sono predittori indipendenti di un evento avverso.
Gli autori concludono che i loro risultati aggiungono nuove evidenze a favore della tesi che un protocollo di standardizzazione di stimolazione ventricolare programmata costituisce uno strumento utile per la stratificazione del rischio in questa coorte di pazienti.
Bibliografia
Saguner AM, Medeiros-Domingo A, Schwyzer MA, et al. Usefulness of Inducible Ventricular Tachycardia to Predict Long-Term Adverse Outcomes in Arrhythmogenic Right Ventricular Cardiomyopathy. Am J Cardiol 2013; 111: 250-7.