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Embolie post-ablazione RF?

Pare che il rischio ci sia quando si utilizzano cateteri multielettrodi con radiofrequenza nell’ablazioni per il trattamento della fibrillazione atriale. I dubbi, o conferme, vengono da due studi praticamente identici pubblicati a distanza di cinque mesi l’uno dell’altro. L’ultimo – uscito oggi sul Journal of the American College of Cardiology – riporta di avere riscontrato alla risonanza magnetica nuove lesioni emboliche nel 37,5% pazienti con fibrillazione atriale per i quali erano stati usati cateteri ablatori multielettrodi con radiofrequenza, a fronte del 7,4% dei pazienti trattati con cateteri irrigati convenzionali e del 4,3 con catetere a palloncino criotermico (1).

Le percentuali sono sovrapponibili allo studio  pubblicato online lo scorso marzo sul Journal of Cardiovascular Electrophysiology: lesioni cerebrali silenti sono state individuate sempre con risposanza magnetica nel 38,9% per cento dei pazienti trattati cateteri ablatori multielettrodi con radiofrequenza, dell’8,3% e del 5,6% in quelli trattati rispettivamente con catetere irrigato con radiofrequenza e con catetere catetere a palloncino criotermico (2).

I primi dubbi sui rischi di embolia cerebrale post-ablazione con radiofrequenza erano stati sollevati nel 2010 da una pubblicazione su Circulation che, senza però fare nessun distinguo del device utilizzato, aveva valutato mediante risonanza magnetica cerebrale pre-procedurale e post-procedurale il rischio tromboembolico, silente o clinicamente manifesto (3).

I nuovi dati raccolti nel 2011 aggiungono evidenze significative sui rischi da cateteri ablatori multielettrodi con radiofrequenza. In un editoriale che accompagni la pubblicazione del Journal of the American College of Cardiology, Jonathan Steinberg della Columbia University College of Physicians and Surgeons di New York considera che “se questo device è davvero superiore in termini di efficacia, efficienze e sicurezza della procedura ma si associa a un maggior rischio di complicanze, tutto questi elementi devono essere presi in considerazione e soppesati l’uno contro l’altro”. Se a conti fatti non si osserva una netta superiorità, andrebbe posta la giusta attenzione a questa complicanza post-ablazione.

Steinberg ci tiene a sottolineare che questi nuovi dati non significano che l’ablazione sia una procedura non sicura, ma che eventi silenti tromboembolici debbano essere collocati nella categoria dei rischi nella valutazione dei rischi e benefici del device impiegato per il trattamento della fibrillazione atriale. Inoltre, è dell’avviso che siano necessari degli studi più sofisticati e a lungo termine.

Valutare bene il nuovo, prima di praticarlo?

 

Bibliografia

1. Siklódy CH, Deneke T, Hocini M, et al. Incidence of asymptomatic intracranial embolic events after pulmonary vein isolation. J Am Coll Cardiol 2011; 58: 681-688.
2. Gaita F, Leclercq JF, Schumacher B, et al. Incidence of silent cerebral thromboembolic lesions after atrial fibrillation ablation may change according to technology used: Comparison of irrigated radiofrequency, multipolar nonirrigated catheter and cryoballoon. J Cardiovasc Electrophysiol 2011; DOI:10.1111/j.1540-8167.2011.02050.x.
3. Gaita F, Caponi D, Pianelli M, et al. Radiofrequency catheter ablation of atrial fibrillation: a cause of silent thromboembolism? Magnetic resonance imaging assessment of cerebral thromboembolism in patients undergoing ablation of atrial fibrillation. Circulation 2010; 122: 1667-73.
4. Steinberg JS, Mittal S. Intracranial emboli associated with catheter ablation of atrial fibrillation. J Am Coll Cardiol 2011; 58: 689-691.

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