Un'errata sospensione post ablazione
Una nuova analisi statunitense presentata all’Heart Rhythm Society 2015 indica che quasi la metà dei pazienti con fibrillazione atriale sottoposti ad ablazione transcatetere sospende l’anticoagulante orale nonostante un aumento del rischio di ictus, attacco ischemico transitorio o embolia sistemica nei primi 3 mesi post procedura.
La procedura da seguire – in teoria – prevede di continuare la terapia anticoagulante orale (TAO) nei primi mesi dopo l’ablazione in tutti i pazienti. Superati il periodo canonico di 3 mesi la TAO può essere sospesa solo in quei pazienti che non necessitano di essere anticoagulati perché a basso rischio di ictus, mentre in tutti gli altri deve essere mantenuta per almeno un anno. Soltanto dopo quest’arco di tempo vengono rivalutati i fattori di rischio del paziente per considerare se continuare o meno la terapia.
Nella pratica le cose vanno diversamente, come confermano i nuovi dati presentati al convegno internazionale da Peter Noseworthy, della Mayo Clinic di Rochester (USA). Il problema è che dopo ablazione in assenza di sintomi associati all’aritmia c’è la tendenza ad interrompono la TAO. “Ma l’eliminazione della fibrillazione atriale non libera il paziente dal rischio di sviluppare ictus perché possono esserci altri fattori di rischio in atto che non scompaiono semplicemente perché la fibrillazione atriale è stata trattata con ablazione transcatetere”, ha commentato Noseworthy , principal investigator dello studio, ribadendo come affermato dalla linee guida che l’ablazione è finalizzata a migliorare la qualità della vita di un paziente riducendone i sintomi e non a ovviare alla terapia anticoagulante.
Lo studio
L’analisi effettuata da Noseworthy e collaboratori ha incluso 6.886 pazienti sottoposti ad ablazione transcatetere per fibrillazione atriale tra il 2005 e il 2014. Ne è emerso che solo il 60,5% dei pazienti aveva continuato ad assumere anticoagulanti orali a 3 mesi dall’ablazione e solo il 62,5% dei pazienti ad alto rischio di ictus (CHA2DS2-Vasc =/> 2) era ancora in TAO a 90 giorni. Il tasso di interruzione della TAO è risultato maggiore nei pazienti a basso rischio per ictus (punteggio CHA2DS2-Vasc: 0 o 1) ma comunque elevato anche nei soggetti con punteggi CHA2DS2-Vasc più alti.
È stato stimato che tutti i pazienti che avevano smesso la TAO nel periodo iniziale di 3 mesi post ablazione avevano un rischio di ictus otto volte maggiore rispetto ai pazienti rimasti in anticoagulazione nella stesso periodo di tempo (hazard ratio, HR: 8,06; <0,05). Quando la TAO era stata interrotta oltre i 90 giorni è stato calcolato un rischio più alto solo per quei pazienti ad alto rischio con un punteggio CHA2DS2-Vasc> 2. Questi stessi pazienti ad alto rischio hanno avuto un aumento del rischio di ictus/TIA/embolia sistemica quando hanno sospeso la TAO dopo 3 mesi di 2 volte e mezza rispetto a coloro che non hanno interrotto il trattamento (HR: 2,48; P <0,05).
Conclusioni
Questi nuovi dati e le conclusioni che da trarre entrano nel merito della questione ancora oggi dibattuta sull’interruzione dell’anticoagulazione tradizionale con warfarin nel periodo peri-operatorio. In passato, ha ricordato Noseworthy, l’anticoagulazione con warfarin veniva interrotta prima dell’ablazione e sostituita con una terapia ponte con eparina a basso peso molecolare. Ma alcune evidenze suggeriscono che questa procedura si associa a un aumentato rischio di complicanze rispetto a un approccio anticoagulante ininterrotto. Di conseguenza, sempre più i medici stanno effettuando ablazioni mentre il paziente è ancora anticoagulato.
Il quesito se interrompere o meno la TAO si ripropone parzialmente anche con i nuovi farmaci anticoagulanti orali (NAO) di recente introduzione come gli inibitori diretti della trombina (dabigatran) e gli antagonisti del fattore X attivato (apixaban, rivaroxaban, edoxaban) che sono sempre più utilizzati nella pratica clinica. Nel 2014 il 69,8% dei pazienti con prescrizione di un anticoagulante orale nella fase post-ablazione è stato trattato con uno degli anticoagulante orale di nuova generazione, ha riportando Noseworthy sottolineando che ad oggi “sono disponibili pochi dati che mostrano la sicurezza di continuare il trattamento facendo uso dei più recenti anticoagulanti orali durante la procedura di ablazione”.
Bibliografia
Noseworthy PA, Deshmukh AJ, Van Houten H, et al. Anticoagulation interruption after catheter ablation for AF: risk of stroke. Heart Rhythm Society 2015 Scientific Sessions; May 15, 2015; Boston, MA. Abstract PO04-132.