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FA: meno ictus con il controllo del ritmo

Uno studio osservazionale pubblicato su Circulation conclude che i pazienti con fibrillazione atriale trattati con terapia per il controllo del ritmo hanno un minor rischio di ictus/TIA, rispetto ai pazienti trattati per il controllo della frequenza.

Nella popolazione anziana, la fibrillazione atriale è una delle aritmie cardiache più comuni e anche uno dei principali fattori di rischio per l’ictus ischemico. La terapia a lungo termine della fibrillazione atriale mira a migliorare i sintomi dell’aritmia, preservare l’emodinamica e prevenire il rimodellamento elettrico atriale, nonché a ridurre il rischio di eventi tromboembolici.

La scelta del trattamento farmacologico dell’aritmia può ricadere su due opzioni: il controllo del ritmo e il controllo della frequenza. I trial clinici suggeriscono che queste due terapie siano paragonabili per la morbilità e mortalità a breve termine, ma non è chiaro se possano avere un diverso impatto sul rischio di eventi ischemici a lungo termine.

A fare luce su questo quesito è uno studio osservazionale condotto in Canada, che ha messo a confronto la diversa incidenza di ictus nei pazienti con fibrillazione atriale trattati farmacologicamente per il controllo del ritmo o per il controllo della frequenza. I risultati sono stati pubblicati in anteprima online su Circulation.

Lo studio
Utilizzando i registri amministrativi dei ricoveri ospedalieri e i database delle prescrizioni di farmaci nella provincia di Quebec, sono stati selezionati i pazienti con più di 65 anni (età media 77,1 anni + 6,7 anni) che avevano avuto una diagnosi di fibrillazione atriale tra il 1999 e il 2007 e che, dopo la dimissione ospedaliera, erano stati trattati con una terapia farmacologica per il controllo del ritmo o della frequenza mediamente per 2,8 anni (massimo per 8,2 anni). Dei pazienti selezionati, 16.325 avevano seguito una terapia per il controllo del ritmo (9.091 per il solo controllo del ritmo e 7.234 per il controllo sia del ritmo sia della frequenza) e 41.193 pazienti erano stati trattati per il solo controllo della frequenza. Il farmaco più usato era l’amiodarone (54,7%) per il controllo del ritmo, e i beta-bloccanti e la digossina per il controllo della frequenza ventricolare. La maggior parte dei pazienti assumeva anche uno o più antitrombotici (warfarin il più prescritto, seguito da ASA e clopidrogel).

Dall’analisi dei due gruppi è stato rilevato che, un anno prima del ricovero per fibrillazione atriale, la prevalenza di comorbilità (malattia coronarica, sanguinamenti, iperlidemie ecc.) era alta ma simile nei due gruppi di pazienti. Un numero inferiore di pazienti del gruppo di controllo del ritmo rispetto al gruppo controllo della frequenza aveva un CHADS2 score > 2 (58,1% versus 67,0%, p < 0,001). La terapia con antitrombotici era simile nei due gruppi (rispettivamente 76,8% versus 77,8%).

Nella valutazione degli outcome è stata rilevato un’incidenza di ictus/TIA di 1,74 per 100 persone per anno nel gruppo con il controllo del ritmo, a fronte di 2,49 per 100 persone per anno nel gruppo con il controllo della frequenza (p < 0,001). La riduzione dell’incidenza di eventi ischemici cerebrali era più marcata nei pazienti a moderato e alto rischio di ictus/TIA secondo il CHADS2 score. L’analisi multivariata di regressione con il modello Cox ha evidenziato che la terapia per il controllo del ritmo era associata a un più basso di rischio di ictus/TIA rispetto alla terapia per il controllo della frequenza (hazard ratio aggiustato 0,80, 95% CI: 0,74, 0,87). Questo risultato è stato confermato con il propensity score matching.

Conclusioni
“Il nostro studio osservazionale evidenzia che la terapia per il controllo del ritmo è associata a un minor rischio di ictus/TIA nei pazienti con fibrillazione atriale. L’effetto è più marcato nei pazienti con moderato o elevato rischio di ictus”, concludono gli autori, considerando che il loro studio presenta comunque dei limiti. “Ulteriori studi di popolazione e trial clinici sulle strategie per la gestione della fibrillazione atriale potrebbero aiutare a capire quali delle due strategie terapeutiche sia più vantaggiosa per la prevenzione degli eventi ischemici.”

Bibliografia
Tsadok MA, Jackevicious CA, Essebag V, et al. Rhythm Versus Rate Control Therapy and Subsequent Stroke or Transient Ischemic Attack in Patients With Atrial Fibrillation. Circulation 2012; Nov 2: [Epub ahead of print].

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