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Gestione della cardiomiopatia aritmogena

La diagnosi e la terapia della cardiomiopatia aritmogena rimangono una importante sfida della moderna Cardiologia: come sottolineano Alessandro Zorzi e colleghi dell’Università di Padova sul Giornale Italiano di Cardiologia, è necessario fare ancora molti progressi per capire la genetica, la patobiologia e la storia naturale della malattia. Sono necessari studi prospettici a lungo termine su ampie popolazioni di pazienti che dimostrino l’efficacia della terapia.

L’articolo esamina, in modo chiaro ed esaustivo, la storia naturale e i percorsi diagnostico terapeutici di questa cardiomiopatia aritmogena che predispone all’insorgenza di aritmie ventricolari e morte improvvisa, particolarmente nel giovane e nell’atleta. Ad oggi l’impianto del defibrillatore rappresenta l’unica strategia terapeutica in grado di proteggere dalla morte improvvisa ma è riservato a pazienti selezionati da un’accurata stratificazione del rischio aritmico data l’elevata incidenza di complicanze a distanza, i costi ed il significativo impatto psicologico, specialmente sul paziente giovane.

Ragionevoli certezze
La cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro (CAVD) è una malattia genetica caratterizzata dalla progressiva perdita di miocardio e dalla sua sostituzione con tessuto fibro-adiposo: questo processo è alla base delle alterazioni elettriche e morfo-funzionali che rappresentano i principali caratteri fenotipici della malattia. La diagnosi è multiparametrica e si basa su una serie di criteri che comprendono alterazioni ECG, manifestazioni aritmiche, anomalie morfo-funzionali ventricolari e difetti genetico-molecolari. Lo scopo principale della terapia è la prevenzione della morte improvvisa (MI) aritmica.

Aspetti controversi
L’impianto del defibrillatore (ICD) è l’unica terapia efficace per la prevenzione della MI. Le indicazioni all’impianto rappresentano un argomento tuttora controverso: l’orientamento generale è che questa terapia debba essere riservata ai pazienti con precedenti di arresto cardiaco da fibrillazione ventricolare o di tachicardia ventricolare sostenuta (prevenzione secondaria) e a quelli con fattori di rischio maggiori, tra cui sincope inspiegata (non vasovagale), tachicardia ventricolare non sostenuta e disfunzione ventricolare moderato-severa. La selezione dei pazienti deve tenere in considerazione l’elevata incidenza di complicanze a distanza, i costi ed il significativo impatto psicologico dell’ICD, specialmente sul paziente giovane.

Prospettive
Le misure terapeutiche attualmente disponibili sono palliative. La cura definitiva della CAVD richiederà in futuro interventi mirati a bloccare direttamente i meccanismi molecolari della malattia.

 

Bibliografia
Zorzi A, Rigato I, Migliore F, et al. Percorsi diagnostico-terapeutici nella cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro. G Ital Cardiol 2014; 15: 616-25.

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