Gestione pratica del trattamento con rivaroxaban
Alcune importanti raccomandazioni contenute nelle linee guida consensus pubblicate sulla rivista Thrombosis and Haemostasis per la gestione pratica della terapia con rivaroxaban in popolazioni specifiche di pazienti.
Sono ormai a disposizione dei clinici numerosi farmaci anticoagulanti orali che hanno come target il Fattore Xa, che catalizza la formazione di trombina. Tra questi rivaroxaban è indicato per la prevenzione del tromboembolismo venoso nei pazienti adulti sottoposti a intervento elettivo di sostituzione dell’anca e del ginocchio, per la prevenzione dell’ictus nella fibrillazione atriale non valvolare, per il trattamento della trombosi venosa profonda e dell’embolia polmonare per la prevenzione delle recidive di TVP ed eventi trombo embolici.
Un team internazionale di ricercatori, coordinato da Alexander G. G. Turpie della McMaster University e del General Hospital di Hamilton nell’Ontario, ha stilato nel 2012 delle linee guida consensus per la gestione pratica del trattamento con rivaroxaban in popolazioni specifiche di pazienti. La maggior parte delle raccomandazioni – contenute nel documento che è stato pubblicato dalla rivista Thrombosis and Haemostasis – sono in linea con le indicazioni contenute nelle “caratteristiche del prodotto” diffuse nei Paesi europei, ma non mancano anche raccomandazioni diverse basate sulla revisione della letteratura disponibile e sull’esperienza dei clinici coinvolti nella stesura del documento di consenso.
“Sebbene gli anticoagulanti di nuova generazione possano sostituire alcuni dei farmaci tradizionali, sono necessari cambiamenti precisi nella routine ospedaliera e nelle strategie di gestione dei pazienti per permetterne l’introduzione nella pratica clinica quotidiana”. È necessario seguire con attenzione le raccomandazioni, soprattutto in gruppi specifici di pazienti e in determinati quadri clinici, per raggiungere outcome ottimali.
Poiché le caratteristiche dei pazienti trattati possono influenzare significativamente l’efficacia e la sicurezza della terapia anticoagulante è essenziale che età, genere, peso corporeo, funzione renale, funzione epatica e uso concomitante di altri farmaci siano valutati con attenzione e non considerati come fattori isolati, ma nel loro insieme. L’influenza combinata di questi fattori deve essere considerata per esempio quando si decide se è il caso di impostare una terapia a lungo termine con una dose ridotta di rivaroxaban (15 mg).
Nel documento di consenso pubblicato dalla rivista Thrombosis and Haemostasis si analizzano diversi punti importanti per una ottimale gestione del rivaroxaban tra cui:
- la gestione periprocedurale
- la valutazione della funzionalità renale del paziente
- la gestione del rischio emorragico
- i test di laboratorio.
La gestione periprocedurale
Nei pazienti in trattamento con rivaroxaban (a qualsiasi dosaggio e per qualsiasi indicazione), una procedura invasiva deve essere eseguita quando la concentrazione plasmatica del farmaco è più bassa al fine di ridurre al minimo il rischio emorragico. Rivaroxaban ha un’emivita di 5-9 ore nei soggetti giovani e di 11-13 ore nei soggetti anziani, raggiungendo la concentrazione plasmatica massima a distanza di 2-4 ore dall’assunzione della compressa, anche se l’esposizione al farmaco varia anche in funzione del dosaggio. La finestra temporale utile ai fini di una procedura invasiva dipende dal profilo farmacocinetico. Il tempo di protrombina (PT, misurato in secondi mediante un reagente sensibile come il Neoplastin Plus) può essere utile per la valutazione qualitativa dell’esposizione al farmaco (vedi Sezione “Test di laboratorio”). Dopo una procedura chirurgica (in elezione o emergenza) o invasiva, il trattamento con rivaroxaban deve essere ripreso il prima possibile al dosaggio indicato, non appena le condizioni cliniche lo consentano e sia stata ottenuta un’adeguata emostasi.
Gli autori considerano che la sospensione dell’anticoagulazione deve essere ridotta al minimo. Dati il t max rapido e l’emivita breve di rivaroxaban, non è necessario, né deve essere effettuato, alcun embricamento con altri anticoagulanti (entrambe le caratteristiche farmacologiche di rivaroxaban, emivita breve e t max rapido, semplificano la gestione soprattutto peri procedurale del paziente e fanno in modo che non sia necessario una terapia ponte con eparina). Nei pazienti sottoposti a procedure a basso rischio emorragico, quale un’incisione di ascesso o una semplice estrazione dentale, deve essere presa in considerazione l’opportunità di non interrompere il trattamento anticoagulante. Per quanto possibile, occorre evitare di eseguire un intervento al momento del massimo effetto del farmaco (cioè 2-4 ore dalla somministrazione).
Raccomandazioni
Chirurgia elettiva nei pazienti in trattamento a lungo termine con rivaroxaban
● Si raccomanda di assumere l’ultima compressa non meno di 24 ore prima dell’intervento, indipendentemente dal dosaggio.
Chirurgia in emergenza nei pazienti in trattamento con rivaroxaban
● Il chirurgo deve valutare l’urgenza dell’intervento chirurgico a fronte del rischio di complicanze emorragiche ed è fondamentale che il giudizio clinico sia individualizzato.
● In assenza di sanguinamenti, non è raccomandato l’uso profilattico di agenti emostatici, quali il concentrato di complesso protrombinico (CPC), allo scopo di annullare gli effetti di rivaroxaban.
● Tuttavia, nel caso di sanguinamento severo, deve essere preso in considerazione il CPC (vedi sezione “Gestione degli eventi emorragici”).
Valutazione della funzionalità renale
Un secondo punto fondamentale per una gestione ottimale della terapia con rivaroxaban è la valutazione della funzionalità prima dell’inizio della terapia e anche durante il trattamento, e in caso di insufficienza renale la posologia deve essere attentamente ottimizzata (figura 1).
Raccomandazioni
● Nei pazienti in trattamento a lungo termine con rivaroxaban si raccomanda di valutare la funzione renale mediante determinazione della clearance della creatinina (CrCl) con formula di Cockcroft–Gault prima di iniziare la terapia. In seguito, deve essere posta attenzione a quelle situazioni che possono provocare un deterioramento della funzione renale durante il trattamento a lungo termine.
● Per la prevenzione dell’ictus nei pazienti con FA non valvolare, la dose standard è di 20 mg/die nei pazienti con CrCl >50 ml/min e 15 mg/die nei pazienti con moderata disfunzione renale (CrCl 30–49 ml/min).
● I pazienti con disfunzione renale severa (CrCl
● Rivaroxaban non è raccomandato nei pazienti con CrCl

Gestione del rischio emorragico
Tutti i farmaci anticoagulanti comportano un rischio emorragico e alcuni pazienti in particolare presentano un rischio più elevato di complicanze emorragiche a causa di determinate caratteristiche. La somministrazione di vitamina K per la correzione di coagulopatia indotta da antagonisti della vitamina K (VKA) richiede almeno 24 ore (che si riducono a circa 6 in caso di somministrazione endovenosa) prima di neutralizzare gli effetti e il metodo per annullare gli effetti dei VKA dipende dalla situazione clinica e dalla severità dei sanguinamenti. Ad esempio, l’associazione concentrato di complesso protrombinico (CPC) + vitamina K viene utilizzata per annullare rapidamente gli effetti della terapia con VKA. La protamina è utilizzata per contrastare gli effetti dell’eparina, ma è in grado di eliminare solo in parte gli effetti delle eparine a basso peso molecolare. Occorre sottolineare che sia la protamina sia la vitamina K non influiscono sull’attività anticoagulante di rivaroxaban. Rivaroxaban ha un’emivita relativamente breve (5-9 nei pazienti giovani, 11-13 nei pazienti anziani) e, in caso di eventi emorragici, si raccomanda di sospendere il farmaco e di attuare i protocolli di routine previsti per la gestione dei sanguinamenti.
Raccomandazioni
● La gestione del paziente deve essere individualizzata in base alla severità e alla sede dell’emorragia.
● Nel caso di complicanza emorragica in un paziente trattato con rivaroxaban, è necessario posticipare la successiva somministrazione del farmaco o, se indicato, interrompere il trattamento.
● Deve essere attuato un trattamento sintomatico idoneo come la compressione meccanica, l’emostasi chirurgica con procedure di controllo dell’emorragia, il ripristino dei liquidi e il supporto emodinamico, la somministrazione di emoderivati (concentrati eritrocitari e/o plasma fresco congelato, a seconda della severità dell’evento emorragico).
● Nel caso di evento emorragico severo e potenzialmente fatale, deve essere somministrato il CPC. A seconda della severità del sanguinamento, si suggerisce di utilizzare lo stesso dosaggio di CPC raccomandato per il controllo delle emorragie indotte da VKA (25–50 UI/per kg di peso corporeo). In studi pre-clinici, per l’inversione dell’effetto anticoagulante di rivaroxaban sono stati testati anche Il CPC attivato (FEIBA) e il fattore VIIa ricombinante, ma il loro potenziale protrombotico sembra essere superiore a quello del CPC. Si raccomanda quindi come prima scelta l’uso del CPC.
● In caso di sovradosaggio di rivaroxaban, può essere utile l’uso di carbone vegetale attivo per ridurre l’assorbimento; qualora il sovradosaggio sia accompagnato da eventi emorragici, si raccomanda di attenersi ai metodi sopradescritti per la gestione generale delle emorragie.
● A causa dell’elevato legame con le proteine plasmatiche, rivaroxaban non è dializzabile.
● Una volta conseguito il controllo dell’emorragia deve essere valutato il rischio trombotico e, se opportuno, deve essere ripresa la terapia con rivaroxaban alle dosi raccomandate.

I test di laboratorio
Rivaroxaban è stato dimostrato avere una farmacocinetica e farmacodinamica prevedibili, un’ampia finestra temporale, senza la necessità di monitoraggio routinario dei parametri della coagulazione. Tuttavia, può essere utile poter valutare l’esposizione a rivaroxaban con un test semplice e affidabile in determinati contesti clinici, come nel caso di sospetto sovradosaggio, in pazienti da avviare a chirurgia d’emergenza o con eventi tromboembolici o emorragici o che devono essere sottoposti a trombolisi, oppure come mezzo di valutazione della compliance nel caso di non compliance sospetta. Analogamente ad altri nuovi anticoagulanti orali, rivaroxaban influenza i test della coagulazione, come il PT e l’aPTT, come confermato da recenti studi sia in vitro che ex vivo. Tuttavia, dato che i test di routine della coagulazione (come il PT e l’aPTT) non riflettono i livelli circolanti di rivaroxaban, questi sono inadeguati ai fini della valutazione quantitativa dell’esposizione al farmaco. Da sottolineare che, alla stregua di altri anticoagulanti, rivaroxaban può interferire con i test funzionali per la trombofilia. In pazienti trattati con rivaroxaban sono stati riportati anche risultati falsi-positivi per il test del lupus anticoagulante. Al fine di minimizzare la potenziale influenza di rivaroxaban sui test funzionali per gli stati trombofilici, il prelievo ematico deve essere effettuato dopo almeno 24 ore dall’ultima assunzione del farmaco.
Tempo di protrombina
Se il test viene effettuato con Neoplastin Plus, il PT è influenzato da rivaroxaban in misura dose-dipendente, con una stretta correlazione con le concentrazioni plasmatiche del farmaco. Tuttavia, il PT (espresso in secondi) varia in maniera considerevole a seconda del reagente tromboplastinico utilizzato a causa della diversa sensibilità a rivaroxaban. Il sistema INR standard, che è stato sviluppato specificamente per il monitoraggio degli effetti dei VKA, non corregge queste variazioni e, quindi, non deve essere usato.
Test cromogenico anti-fattore Xa
L’inibizione dell’attività del fattore Xa correla strettamente con le concentrazioni plasmatiche di rivaroxaban, e i test cromogenici anti-fattore Xa si sono dimostrati dotati di sensibilità e specificità nella misurazione di ampi range di concentrazioni plasmatiche che coprono le concentrazioni attese dopo dosaggio terapeutico; tali misurazioni hanno un’accuratezza e una precisione accettabili. Possono essere misurati i livelli di valle al fine di identificare un accumulo eccessivo di farmaco.
Test di laboratorio per valutare l’esposizione a rivaroxaban
Test | Adeguatezza/limiti |
Tempo di protrombina |
|
Test cromogenico anti-fattore Xa |
|
Non è necessaria la misurazione routinaria dell’effetto o della concentrazione plasmatica di rivaroxaban. INR, international normalised ratio; PT, tempo di protrombina. |
Bibliografia
Turpie AGG, Kreutz R, Llau J, Norrving B, Haas S. Management consensus guidance for the use of rivaroxaban – an oral, direct factor Xa inhibitor. Thromb Haemost 2012; 108: 876–86 doi:10.1160/TH12-03-0209