Notizie e commenti

I tessuti fantasma post estrazione cateteri

L’estrazione di elettrocateteri infetti può causare la formazione di residui fibrotici che si associano a una sopravvivenza più bassa. Su Europace i colleghi del Gemelli sottolineano la necessità clinico-terapeutica di seguire in team i pazienti a più alto rischio di mortalità nel follow up post-estrazione e di non limitarsi solo al successo della procedura estrattiva.

È in continuo aumento il numero di impianti di pacemaker e ICD. Ogni anno si impiantano in media 3 milioni di dispositivi cardiaci nel mondo. La diffusione di questi dispositivi abbinata alla diminuzione dell’età media dei pazienti candidati sta portando a un incremento del numero di sostituzione di elettrocateteri a causa di infezioni o di malfunzionamento. Ma l’intervento di estrazione non è esente da complicanze che possono essere intraoperatorie e postoperatorie , quali la formazione dei cosiddetti “ghost”, tessuti fibrosi residui che rappresentano una sorgente potenziale persistente di infezioni device correlate.

“La letteratura internazionale ha messo in evidenza molto bene il successo in acuto dell’estrazione di cateteri in pazienti con infezioni di device e con malfunzionamenti, sottolineando in modo particolare l’outcome in acuto di questo procedure. Non è ben noto invece l’outcome a medio e lungo termine dei pazienti estratti”, commenta ad Aiac.it Marina Narducci del Policlinico Gemelli di Roma, primo nome dello studio pubblicato su Europace.  “Pertanto il nostro gruppo, grazie all’utilizzo dell’ecocardiogramma intracardiaco durante al procedura di estrazione, ha osservato nel 14% della popolazione sottoposta ad estrazione la presenza di residui  fibrotici (definiti dalla letteratura come ghost) immediatamente al termine dell’estrazione, nella sede di precedente impianto dei cateteri estratti”.

Lo studio

Scopo dello studio prospettico condotto dai colleghi del Policlinico Gemelli è stato per l’appunto valutare la relazione tra individuazione di questi tessuti post-estrazione tramite ecocardiografia transesofagea e/o ecocardiografia intracardiaca e la mortalità in pazienti sottoposti all’estrazione di elettrocateteri.

Complessivamente sono stati arruolati 217 pazienti (70 ± 13 anni; 164 maschi) sottoposti ad estrazione di elettrocateri a causa di infezione sistemica (139), di infezione locale da device (67) e per malfunzionamento dell’elettrocatetere (11) e seguiti per un follow up clinico a medio termine di 11 mesi.

Tutti i pazienti prima dell’intervento e dopo 48 ore sono stati sottoposti ad ecocardiografia trasesofagea e durante l’intervento a ecocardiografia intracardiaca.  Le indagini ecografiche hanno indentificati in 30 pazienti (14%) la formazione di ghost dopo estrazione di elettrocateteri. Predittori significativi di ghost erano l’indice di comorbidità di Charlson (HR = 1.24, 95% CI 1.04–1.48, P = 0.03) e la  diagnosi di endocardite all’ecocardiografia intracardiaca (HR = 1.82, 95% CI 1.01–3.29, P = 0.04).

I pazienti con ghost presentavano un rischio triplicato di mortalità nel medio termine (28 vs. 5%; log-rank P < 0.001). Predittori indipendenti di mortalità a medio termine erano la presenza di ghost e di infezioni sistemiche alla presentazione clinica della infezione da device (rispettivamente HR = 3.47, 95% CI 1.18–10.18, P = 0.002; HR = 3.39, 95% CI 1.15–9.95, P = 0.001,).

Conclusioni

L’uso combinato delle tecniche di imaging – ecocardiografia transesofagea ed ecocardiografia intracardiaca –  migliora la diagnosi di ghost dopo rimozione di elettrocateteri. Servono ulteriori studi per capire le effettive opzioni terapeutiche siano esse farmacologiche o chirurgiche con le quali intervenire prontamente in questa categoria d pazienti.

“Il nostro studio sui ghost dopo estrazione di cateteri infetti – commenta la Narducci – ha messo in evidenza come sia importante seguire questi pazienti nel follow-up postprocedurale, con un adeguato team cardiologico e infettivologico. Infatti, la presenza di ghost  è associata ad endocardite preestrazione e soprattutto il ghost è un fattore predittivo di mortalità  a medio termine.  Infatti a 3 e a 12 mesi di follow up i pazienti con ghost residuo presentano una sopravvivenza significativamente inferiore ai pazienti in cui il ghost è assente.”

Il messaggio clinico rilevante del lavoro pubblicato risiede dunque nella necessità clinico-terapeutica di seguire in team (elettrofisiologo-cardiologo clinico-infettivologo) i pazienti a più alto rischio di mortalità nel follow up post-estrazione e di non limitarsi solo al successo della procedura estrattiva.

Luciano De Fiore

Bibliografia

Narducci ML, Di Monaco A, Pelargonio G, et al. Presence of ‘ghosts’ and mortality after transvenous lead extraction. Europace  First published online: 29 March 2016

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