Impianto di ICD nel paziente anziano: sì o no?
I possibili benefici derivanti dall’impianto di defibrillatore nei pazienti anziani sono oggetto di dibattiti in quanto possono risultare verosimilmente attenuati dal rischio di morte non aritmica. Uno studio pubblicato su Circulation ha preso in esame i dati di un registro prospettico per valutare l’impatto dell’età sulla terapia con ICD e sull’outcome in prevenzione primaria e secondaria.
Con l’invecchiamento della popolazione si assiste anche un aumento del numero dei pazienti anziani per i quali viene preso in considerazione l’impianto di ICD, e all’incirca il 28% di quelli ritenuti potenzialmente eleggibili in base ai criteri convenzionali sono ottuagenari. Tuttavia, l’avanzare dell’età e l’aggravarsi delle comorbilità tendono ad accompagnarsi ad un aumento del contributo relativo delle cause non aritmiche di morte, comportando verosimilmente un’attenuazione dei potenziali benefici derivanti dalla terapia con ICD. Le attuali linee guida non includono una specifica disamina dell’appropriatezza o dell’outcome dell’impianto di ICD nei pazienti di età avanzata. C’è inoltre da dire che le raccomandazioni per l’impianto dell’ICD derivano dai risultati di ampi studi randomizzati controllati che hanno arruolato pazienti altamente selezionati ma spesso di giovane età e con lievi comorbilità. Viceversa, il paziente affetto da scompenso cardiaco e severa disfunzione sistolica del ventricolo sinistro presenta mediamente un’età maggiore di 65 anni e comorbilità multiple.
I registri di popolazione possono essere indicativi dell’impatto e dell’outcome della terapia con ICD in questo particolare gruppo di soggetti, laddove nei trial randomizzati i pazienti anziani sono generalmente sottorappresentati. Un buon esempio viene da uno studio recentemente pubblicato sulla rivista Circulation che ha i dati dell’Ontario ICD Database, un ampio registro prospettico di popolazione comprendente pazienti sottoposti ad impianto di ICD in prevenzione primaria e secondaria. Utilizzando i dati di tale registro, è stata analizzata la mortalità per tutte le cause, l’incidenza di shock appropriati e inappropriati e le complicanze precoci nei pazienti anziani che avevano ricevuto un ICD in prevenzione primaria o secondaria. Sono stati altresì esaminati i fattori clinici associati alla mortalità allo scopo di fornire un orientamento al momento di valutare l’eleggibilità del paziente anziano ad impianto di ICD.
Lo studio
Nell’ambito di un registro prospettico comprendente 5399 pazienti sottoposti ad impianto di ICD in Ontario, Canada (tra febbraio 2007 e settembre 2010), sono state identificate alle visite cliniche di routine le terapie con dispositivo e le complicanze. Tra i pazienti che avevano ricevuto un ICD in prevenzione primaria, di età 18-49 (n=317), 50-59 (n=769), 60-69 (n=1336), 70-79 (n=1242) e ≥80 (n=275) anni, si è registrato un aumento della mortalità con l’avanzare dell’età, rispettivamente pari a 2.1, 3.0, 5.4, 6.9 e 10.2 eventi fatali per 100 persone-anno (p<0.001). Analogamente, anche tra i pazienti che avevano ricevuto un ICD in prevenzione secondaria di età 18-49 (n=114), 50-59 (n=244), 60-69 (n=481), 70-79 (n=462) e ≥80 anni (n=159) si è registrato un aumento della mortalità con l’avanzare dell’età, rispettivamente pari a 2.2, 3.8, 6.1, 8.7 e 15.5 eventi fatali per 100 persone-anno (p<0.001). Tuttavia, l’incidenza degli shock appropriati è risultata simile nelle varie fasce di età: da 6.7 (18-49 anni) a 4.2 (≥80 anni) per 100 persone-anno dopo impianto di ICD in prevenzione primaria (p=0.139) e da 11.4 (18-49 anni) a 11.9 (≥80 anni) per 100 persone-anno dopo impianto di ICD in prevenzione secondaria (p=0.993).
L’analisi del rischio aggiustato per le principali covariate ha evidenziato un rischio più elevato di morte (p per trend La classe NYHA, la vasculopatia periferica e l’uso di diuretici dell’ansa sono risultati essere predittori di mortalità in entrambi i gruppi mentre la sincope, un ridotto filtrato glomerulare e le dimensioni dell’atrio sinistro sono risultati predittori di mortalità solo per i pazienti impiantati in prevenzione primaria. Non sono state riscontrate differenze significative per età, e presenza o meno di CRT sia in pazienti impianti in prevenzione primaria che in secondaria.
Conclusioni
L’analisi dei dati dell’Ontario ICD Database evidenziano che se da un lato si è osservato un aumento della mortalità dopo impianto di ICD nei pazienti anziani, dall’altro l’incidenza di shock appropriati è risultata simile nelle varie fasce di età. Gli autori concludono che l’eleggibilità o meno ad impianto di ICD non deve basarsi unicamente sull’età del paziente ma deve prendere in considerazione anche i fattori che, malgrado l’impianto del dispositivo, possono favorire l’occorrenza di eventi fatali.
Bibliografia
Yung D, Birnie D, Dorian P, et al. Survival after implantable cardioverter-defibrillator implantation in the elderly. Circulation 2013; 127: 2383-92.