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L’ottimizzazione del pacemaker nella pratica

La tecnologia del pacemaker è sottoutilizzata in circa la metà dei pazienti che ricevono l’impianto. Le linee-guida per garantire un pacing fisiologico vengono seguite solo in quattro pazienti su dieci. Su Europace il risultati dell’analisi preliminare del registro internazionale OPTI-MIND.

I moderni pacemaker sono disegnati con una varietà di setting per la programmazione della stimolazione fisiologica personalizzabile per il singolo paziente. Tuttavia, i dati in letteratura riportano che l’80% circa dei device restano programmati alle impostazioni nominali di fabbrica, mentre solo il 12% dei pacemaker viene riprogrammato a un follow up a lungo termine.

Un interessante studio, pubblicato recentemente sulla rivista Europace, si è posto come obiettivo verificare in quale misura e secondo quale accuratezza nella pratica clinica corrente vengono applicate le linee guida per il pacing fisiologico. Gli autori spiegano che, attingendo ai dati dello studio osservazionale prospettico multicentrico OPTI-MIND sugli impianti di pacemaker, hanno potuto analizzare se venivano impostati o meni specifici setting del device in classi diverse di pazienti che garantivano il pacing fisiologico.

Basandosi sui dati in letteratura e sul recente aggiornamento delle linee guida HRS/ACCF, hanno definito i seguenti cinque principi che dovevano essere soddisfatti dalla programmazione del pacemaker per una stimolazione fisiologica, nelle diverse malattie del ritmo:

  • conservazione della sincronia atrioventricolare,
  • evitare la stimolazione non necessaria del ventricolo destro in pazienti senza blocco atrioventricolare,
  • evitare la stimolazione atriale non necessaria alle frequenze normali sinusali,
  • l’aumento della frequenza di stimolazione durante l’esercizio,
  • evitare sintomi correlati all’ipotensione nelle sindromi neuromediate.

Lo studio
Lo studio osservazionale prospettico OPTI-MIND ha raccolto complessivamente i dati di 1740 pazienti impiantati con pacemaker (mono o bicamerali) della Boston Scientific in 68 centri nel mondo. In questa specifica analisi preliminare di OPTI-MIND sono stati utilizzati i dati dei pazienti al momento dell’arruolamento nei primi 15 giorni dall’impianto del device.

Per la precisione sono stati esaminati i dati di 1674 pazienti (96%) dei quali erano disponibili sia i dati clinici dei pazienti al baseline sia le impostazione del programma di pacing. Mediamente questi pazienti avevano 76 anni e per il 60% erano di genere maschile. In quasi il 50% dei casi l’indicazione primaria al pacing permanente era stata il blocco atrioventricolare (n=810), nel 32% la disfunzione del nodo del seno (n=538), nel 16% la fibrillazione atriale permanente con blocco atrioventricolare o con disfunzione del nodo del seno (n=264) e nel 4% una sindrome neuromediata (n=62).

È stato riscontrato che solo in 693 su 1674 pazienti (41%) i pacemaker erano stati programmati per ottenere il pacing fisiologico sulla base dei cinque principi predefiniti. Le percentuali di pacing fisiologico più alte sono state osservate nei pazienti con malattia del nodo del seno associata al blocco atrioventricolare (87%), mentre le più basse nei pazienti con solo blocco atrioventricolare (17%).

I dati relativi al pacing nel solo blocco atrioventricolare hanno evidenziato che nell’11% dei pazienti non è stata ottenuta la sincronia atrio ventricolare. Per quanto riguarda invece la gestione della malattia del nodo con pacemaker nel 17% dei pazienti non è stata ottenuta la sincronia atrioventricolare, nel 38% dei pazienti senza blocco atrioventricolare sono state registrate delle stimolazioni non necessarie del ventricolo destro, nel 42% dei pazienti con incompetenza cronotropa non è stato ottenuto l’aumento della frequenza assistita durante l’esercizio.

Le conclusioni
Questa analisi preliminare di OPTI-MIND evidenzia dunque uno scollamento tra pratica clinica e linee guida nell’ottimizzazione della programmazione del pacemaker. In sei pazienti su dieci manca una programmazione “fisiologica” del pacemaker. Le impostazioni predefinite/personalizzate per la specifica malattia che sono già registrati nel device e che possono essere programmati dopo l’impianto – commentano gli autori – migliorerebbero di molto la qualità della stimolazione.

Il follow-up a due anni dei pazienti di OPTI-MIND aggiungerà delle prove sulla reale efficacia delle impostazione per la programmazione “fisiologica” nel migliorare la qualità della stimolazione che a sua si traduce in effetti positivi sull’outcome dei pazienti.

Bibliografia
Biffi M, Melissano D, Paolo Rossi, et al. The OPTI-MIND study: a prospective, observational study of pacemaker patients according to pacing modality and primary indications. Europace 2014 doi: 10.1093/europace/eut387 First published online: February 4, 2014

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