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Quel piccolo cuore che va in fretta

Sul Giornale Italiano di Cardiologia una esaustiva rassegna sulla gestione delle tachicardie sopraventricolari in età pediatrica: come orientare i passi terapeutici a partire delle conoscenze dell’epidemiologia e delle basi elettrofisiologiche.

“Se c’è un posto dove ci si sente vecchi e inadeguati, spaventati e soli, quello è il pronto soccorso dove giunge un bambino o un ragazzo col cuore che va in fretta. Se c’è una cosa tra le tante che i genitori ricordano dell’esperienza, con sconcerto, è la paura negli occhi dei dottori.” Con questa riflessione si apre la

rassegna del Giornale Italiano di Cardiologia  dedicata alla tachicardie sopraventricolari in età pediatrica. Gli autori: Gabriele Bronzetti e colleghi della Cardiologia pediatrica universitaria del Policlinico S. Orsola-Malpighi di Bologna.

La rassegna prende in esame gli aspetti peculiari delle diverse forme di tachicardie sopraventricolari nel bambino e nell’adolescente e presenta una serie di informazioni pratiche sulla gestione della terapia acuta e sulla profilassi farmacologica. “Vengono discusse – spiegano gli autori – tutte le opzioni terapeutiche disponibili attualmente, epoca in cui i vecchi farmaci sono ancora utili e in grado di far crescere il bambino fino ad un’età consona all’impiego sicuro ed efficace delle moderne tecniche ablative”.

Le tachicardie sopraventricolari sono le aritmie dominanti dell’età pediatrica e giovanile la cui gestione riguarda sia  il pediatra sia il cardiologo. È difficile infatti tracciare una linea netta di separazione nella medicina suddivisa in aree iperspecialistica: di fatto, queste aritmie interessano tanto il  pediatra e il cardiologo pediatrico, quanto in cardiologo dell’adulto al quale compete la gestione nella maggioranza dei casi in particolare nelle situazioni di emergenza che arrivano al pronto soccorso.

La forma più frequente è la tachicardia da rientro atrioventricolare tramite via accessoria (oltre il 70% dei casi nei bambini con meno di 10 anni), a seguire la tachicardia atriale ectopica, la tachicardia da rientro dal nodo atrioventricolare, il flutter atriale e la tachicardia ectopica giunzionale.  La prevalenza e le manifestazioni cliniche dipendo dall’età; la diagnosi non è semplice, in particolare nei bambini molto piccoli.

Il neonato non prontamente diagnosticato e trattato può andare incontro a morte. “Vi sono aspetti delicati in diversi fasi”, sintetizzano Bronzetti e colleghi. “La gestione dell’urgenza, la scelta della profilassi cronica e la stratificazione prognostica, specie in condizioni come la preecitazione ventricolare.”

Per orientare le scelte terapeutiche è prioritario conoscere l’epidemiologia e le base elettrofisiologiche. “I farmaci antiaritmici possono essere impiegati proficuamente, con anche maggiore elasticità rispetto al paziente adulto-anziano. È raro incontrare un’aritmia così resistente alla terapia medica da costringere un paziente all’ablazione prima di un’età e di uno sviluppo somatico convenienti al massimo risultato col minimo rischio.”

Il messaggio chiave della rassegna è che “Il cardiologo dell’adulto, con qualche nozione in più su quelle che sono le forme aritmiche pediatriche più frequenti e sugli aspetti precipui delle diverse età, può gestire con sicurezza pazienti alieni dalla consueta pratica clinica”.

Chiavi di lettura della rassegna

Ragionevoli certezze. Le tachicardie sopraventricolari in età pediatrica rappresentano una sfida non solo per il pediatra, ma anche per il cardiologo dell’adulto che si trova di fronte ad un piccolo paziente in una situazione di emergenza. La presente rassegna prende in esame gli aspetti peculiari delle aritmie  pediatriche, con particolare risalto alla gestione della terapia acuta e della profilassi farmacologica. Vengono discusse tutte le opzioni terapeutiche disponibili attualmente, epoca in cui i vecchi farmaci sono ancora utili e in grado di far crescere il bambino fino ad un’età consona all’impiego sicuro ed efficace delle moderne tecniche ablative.

Questioni aperte. Un neonato con una tachicardia parossistica costituisce spesso un’emergenza trasversale e inquietante: il bambino è troppo “cardiaco” per il pediatra e troppo “piccolo” per il cardiologo. Nelle realtà più felici professionisti diversi integrano le rispettive competenze per giungere alla migliore prestazione terapeutica; in altre, tale sinergia è al massimo futuribile, facendo sentire il medico di turno scoperto e insicuro.

Le ipotesi. Il punto di incontro fisico tra cardiologo e pediatra è il pronto soccorso pediatrico, quello ideale e medico dovrebbe essere la conoscenza delle basi fisiologiche e terapeutiche delle aritmie in un paziente molto particolare. Si tratta innegabilmente di una cultura speciale, che tuttavia non dovrebbe essere esclusivo appannaggio di uno o dell’altro ma occasione bipartisan di arricchimento e servizio.

(tratto dal Giornale Italiano di Cardiologia)

Bibliografia
Bronzetti G, Mariucci E, Cervi E, et al. Le tachicardie sopraventricolari in età pediatrica. G Ital Cardiol 2013; 14: 597-612.

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