Telecardiologia: come migliorare gli esiti?
Con il termine “telemedicina” comprendiamo molte diverse attività di monitoraggio e assistenza sanitaria; è un settore in forte crescita, sollecitato dalle continue innovazioni della tecnologia. Grande impulso, ma ancora dati non definitivinsull’efficacia e, soprattutto, l’efficienza dei risultati.
Uno studio molto prgamatico ha coinvolto 1653 pazienti che erano stati recentemente ricoverati per scompenso cardiaco: a casa, metà sono statinseguiti col metodo tradizionale e metà con un sistema di monitoraggio telefonico che costantemente segnalava e registrava sintomatologia ed eventuali problemi. Il risultato dello studio di Sarwat Chaudhry et al. pubblicato sul New England Journal of Medicine è sconfortante: nessuna differenza tra i due gruppi (anzi, a voler essere pignoli, qualche problema in più per i “telemonitorizzati”). La ricerca (Telemonitoring to Improve Heart Failure Outcomes – Tele-HF – study) è registrata su ClinicalTrials.gov al numero NCT00303212 ed è stata pubblicata ad accesso libero sulla rivista della Massachusetts Medical Society.
Quali sono i motivi del fallimento? Nell’Editoriale di commento, si avanza l’ipotesi che l’insuccesso sia dovuto allo scarso utilizzo del telemonitoraggio: il 14 per cento dei pazienti non ha mai usato il telefono e solo il 55 per cento aveva fatto tre chiamate prima della 26a settimana di durata dello studio. Desai e Stevenson, del Brigham and Women’s Hospital di Boston, hanno qualche dubbio anche sulla dinamica e della risposta ai problemi lamentati dai malati, dal momento che era necessaria una “triangolazione” con i clinici che coordinavano la ricerca.
La tempestività è tutto, come anche la prossimità dei curanti ai pazienti. Per questo, si sostiene nel commento, la cosa più urgente è strutturare un sistema di assistenza ai due milioni di malati di scompenso cardiaco statunitensi che poggi su 10 mila operatori infermieristici specializzati.