I nuovi approcci nell’ambito del defibrillatore sottocutaneo

In occasione della 18esima edizione del Convegno Progress in Clinical Pacing, tenutosi a Roma dal 4 al 6 dicembre, si è tenuto un simposio dedicato alle novità tecnologiche e ai nuovi approcci clinici riguardanti il defibrillatore sottocutaneo. Sei relatori hanno riassunto le evidenze più recenti e le prospettive future in merito a procedura di impianto, selezione dei pazienti e terapie di combinazione con altri dispositivi.
Il primo intervento è stato quello di Alessio Borrelli, cardiologo dell’UO di Cardiologia e Terapia Intensiva Cardiologica (UTIC) del Policlinico Casilino di Roma, il quale ha descritto caratteristiche e funzionamento dell’algoritmo di sensing SMART Pass, utile a ridurre il numero di shock inappropriati. “Questo – ha commentato Borrelli – si dimostra molto affidabile e permette di discriminare in modo efficace anche i segnali prodotti da artefatti da rumore muscolare”.
Successivamente Andrea Droghetti, responsabile della Struttura Complessa di Chirurgia Toracica dell’ Azienda Ospedaliera Carlo Poma di Mantova, ha descritto le principali novità riguardanti la procedura di impianto del defibrillatore sottocutaneo. In questo senso, una delle innovazioni più importanti introdotte negli ultima anni rimane, secondo Droghetti, la tecnica della tasca intermuscolare. Questa rappresenta infatti la localizzazione ideale per l’S-ICD, in termini sia di efficacia che di estetica, e la procedura può essere effettuata “in tranquillità e sicurezza grazie alle nuove tecniche anestesiologiche del blocco del serrato anteriore e del blocco pettorale”.
L’intervento seguente è stato quello di Jürgen Kuschyk, cardiologo del Dipartimento di Cardiologia dell’Universität Heidelberg (Germania), il quale ha affrontato la tematica del test di defibrillazione (DFT) e discusso la possibilità di evitare questa operazione in fase peri-operatoria. Secondo Kuschyk, infatti, se la procedura di impianto è condotta in modo adeguato è possibile valutare la corretta localizzazione del dispositivo in modo alternativo, ad esempio utilizzando il PRAETORIAN Score: punteggio che descrive la probabilità che un paziente abbia una soglia di defibrillazione elevata. “È attualmente in corso lo studio PRAETORIAN DFT – ha concluso il cardiologo tedesco – il quale ha proprio l’obiettivo di mettere a confronto l’efficacia di impianti effettuati con e senza DFT”.
Pietro Francia, cardiologo del reparto di Cardiologia e UTIC dell’Ospedale Sant’Andrea di Roma, ha poi parlato del processo di selezione dei pazienti candidabili a impianto di defibrillatore sottocutaneo. Questa fase, ha sottolineato, è molto importante in quanto, ad esempio, c’è il rischio che con uno screening troppo conservativo si finisca per prescrivere un defibrillatore transvenoso anche a pazienti che potrebbero ricevere un S-ICD. “L’operazione di screening– ha concluso – è molto importante per l’outcome dei pazienti e lo strumento Automated Screening Tool permette di semplificarla, offendo allo stesso tempo elevata affidabilità”.
Successivamente c’è stato l’intervento di Herwig Schmidinger, docente di aritmologia della Sigmund Freud Privatuniversität di Vienna (Austria), durante il quale il cardiologo ha esplorato la possibilità di utilizzare il defibrillatore sottocutaneo in combinazione con altre terapie somministrate mediante dispositivi impiantabili. Secondo i dati riportati, infatti, questa eventualità si configura come sicura: “La possibilità di implementare la funzione di pacing leadless, ad esempio, rappresenta il primo passo per abbandonare completamente gli elettrocateteri transvenosi”.
In linea con questa conclusione anche la relazione di Giovanni San Pasquale, cardiologo dell’Ospedale di Castrovillari, il quale ha descritto la possibilità di implementare, in futuro, una gestione modulare del ritmo cardiaco (Modular CRM System, mCRM): terapia che combina diversi device in funzione dell’evoluzione clinica del paziente. “Questo infatti permetterebbe, in pazienti ad alto rischio di complicazioni legate all’elettrocatetere, di ricevere un S-ICD anche se manifestano la necessità di ATP o di stimolazione antibradicardica”, ha concluso.