#terapia anticoagulante orale

Bridging or no bridging, questo è il dilemma!

Lo studio BRIDGE pubblicato sul NEJM entra nel merito della delicata gestione perioperatoria nei pazienti affetti da fibrillazione atriale in terapia anticoagulante orale: la strategia no bridging è paragonabile alla terapia ponte in termini di prevenzione di eventi tromboembolici, ma si traduce in un maggiore riduzione del rischio di sanguinamenti maggiori.

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All’origine del “rischio residuo”

Probabilmente il rischio residuo di ictus in pazienti con fibrillazione atriale in terapia anticoagulante potrebbe non essere dovuto al fallimento della terapia ma piuttosto a un rischio di ictus basale che è indipendente dall’aritmia e delle condizioni ad essa associate. Diverso invece il discorso sulla mortalità. Queste in sintesi le conclusione di uno studio di coorte pubblicato in anteprima online sul JAMA Cardiology a firma di Ben Freedman della University of Sydney e colleghi.

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TAO nella gestione italiana della FA

L’Italia si caratterizza per un minore utilizzo degli antagonisti della vitamina K e più frequenti misurazioni dell’INR. Sul Giornale Italiano di Cardiologia il confronto dei dati della popolazione italiana del registro europeo PREFER in AF con quelli di altri paesi partecipanti.

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TAO post ablazione? Consulta gli score

Uno studio osservazionale torinese esamina l’incidenza di eventi tromboembolici post ablazione della fibrillazione atriale e l’importanza della valutazione combinata dei punteggi CHADS2, CHA2DS2-VASc e HAS-BLED nella scelta se continuare la terapia anticoagulante orale nei pazienti “apparentemente guariti”. I risultati su EUROPACE.

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La gestione della FA secondo EORP-AF

In Europa cresce l’utilizzo della terapia anticoagulante orale ma è ancora limitato il ricorso agli inibitori diretti del fattore Xa. Continua a essere subottimale l’applicazione delle linee guida europee per il trattamento dei pazienti con fibrillazione atriale a più basso e a più alto rischio di ictus. I primi risultati del registro pilota europeo EORP-AF.

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Epidemiologia e gestione della FA in Italia

Intervista a Massimo Zoni-Berisso, Responsabile Struttura Semplice di Aritmologia Asl 3 genovese. La prevalenza della fibrillazione atriale è circa il doppio di quella riportata in letteratura, l’uso della terapia anticoagulante orale è tuttora sottoutilizzata. Questi e altri i risultati della survey italiana sui percorsi diagnostici e terapeutici per la cura della fibrillazione atriale, realizzata dall’Area Aritmie dell’Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri (ANMCO) con la Società Italiana di Medicina Generale (SIMG). Ne parliamo con il collega Massimo Zoni-Berisso, primo nome dello studio pubblicato nel 2013 sull’American Journal of Cardiology (studio ISAF: Italian Survey of Atrial Fibrillation).

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Report del sondaggio sull’utilizzo della terapia anticoagulante orale

Il sondaggio è stato attivo dal 1 luglio al 28 settembre 2012 presso il sito AIAC ed hanno partecipato 107 colleghi, che riflettono il pensiero di un gruppo di medici specialisti, in quanto il 52% del totale dei responders era rappresentato da cardiologi ospedalieri ed il 37% da aritmologi. Il 75% dei responders aveva età superiore a 45 anni e le risposte sono giunte soprattutto da cinque regioni italiane: Lombardia (15%), Piemonte (12%), Veneto, Sicilia e Toscana (10% ciascuna).

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Pazienti con FA e i nuovi score

Dallo Swedish Atrial Fibrillation Cohort Study le conferme dell’efficacia dei punteggi CHA2DS2-VASc e HAS-BLED raccomandati dalle linee-guida europee per una più accurata stratificazione del rischio tromboembolico  dei pazienti con fibrillazione atriale.

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